Elio Franzini: orientarsi nell'estetica

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Per i tipi del Mulino, Elio Franzini pubblica “Introduzione all’estetica”, un testo che ci inoltra nel mondo dell’estetica, presentandoci i concetti e gli autori principali di questa riflessione sul senso e sullo spessore simbolico delle cose.

 

 

      Titolo: Introduzione all’estetica

      Autore: Elio Franzini

      Editore: Il Mulino

     Anno I ed.: 2012

Nel suo ultimo lavoro intitolato Introduzione all’estetica, Elio Franzini, ordinario di Estetica presso l’Università degli studi di Milano, offre una panoramica generale dei nodi principali della disciplina, non seguendo semplicemente un approccio teorico – non si tratta cioè di un breviario o di un micro-trattato di estetica – bensì coniugando sapientemente la riflessione sui concetti e le categorie dell’estetica (Arte, Bello, Creatività, Espressione, Gusto ecc.), alla storia delle idee.

Non vogliamo ripercorrere tutti i contenuti e le argomentazioni in cui si articola il volume – sarebbe un buffo tentativo di introdurre ad un’introduzione – ma ci proponiamo piuttosto di individuarne alcuni fondamenti concettuali e, nei limiti concessi, muovere alcune critiche.

Il fulcro teorico, la prospettiva da cui Franzini ci introduce all’estetica, è esplicitato sin dalla premessa e ribadito spesso e fino alle ultime pagine: al di là di ogni approssimativa definizione della disciplina, «l’estetica fa comprendere che alcune trame che avvolgono la nostra sensibilità e il nostro giudizio possiedono uno spessore simbolico, che accresce il senso delle cose, che lo amplifica al di là del visibile».

Esiste, come suggeriva già Merleau-Ponty, una stratificazione di senso (o di sensi possibili) che le cose portano con sé nella loro presenzialità, un’invisibile, un fondo energetico intraducibile, una sfera di qualità espressive non materiali con cui noi entriamo in relazione precategorialmente, che cioè sentiamo e non concettualizziamo, che cogliamo con una seconda vista. E’ questo orizzonte simbolico che l’estetica vuole descrivere, sia se essa viene intesa come teoria della sensibilità, cioè come parte essenziale della teoria della conoscenza che analizza la funzione epistemica del sentire in tutte le sue accezioni (immaginazione, percezione, passione ecc.), sia come filosofia dell’arte, cioè riflessione su «quei modi, al tempo stesso concreti e simbolici, che rendono per noi possibile mediare fra visibile ed invisibile, trovando un senso aperto in tale mediazione».

Da questo punto di partenza, si articola non solo quasi tutto l’impianto concettuale del libro ma anche una serie di puntuali critiche rivolte alle neuroscienze, alla filosofia analitica, degne di grande interesse. Il libro è estremamente denso e di non facile lettura, non solo per la quantità, la complessità e la ricchezza dei concetti trattati, ma anche per il linguaggio molto tecnico e specifico che non è sempre agevolmente accessibile. E’ sempre vero che la pagina filosofica va meditata, ma piacerebbe forse al lettore essere messo più a suo agio da un libro introduttivo. Ciononostante, per lo sguardo generale ampissimo che fornisce, per la profondità e l’acume con cui i temi sono trattati, se ne consiglia vivamente l’impegnativa lettura.

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