L’utile volume di Giorgio Volpe, stampato da Carocci, offre un’agile e completa prospettiva sui principali paradigmi di verità proposti nel dibattito filosofico dell’ultimo secolo, specialmente in ambito anglosassone.
Titolo: La Verità
Autore: Giorgio Volpe
Editore: Carocci
Anno I ed.: 2012
Una domanda roboante, eccessiva e presuntuosa, che perlopiù ascoltiamo con sovrano disincanto, talvolta persino con un ghigno di rassegnata superiorità: «Che cos’è la verità?». Eppure, non solo nella prassi comunicativa quotidiana ci riferiamo in continuazione, esplicitamente o no, alla verità e alla falsità di certi contenuti, ma anche in ambito propriamente filosofico, una corposa porzione del cosiddetto pensiero «analitico», sembra non perdere il suo entusiasmo nell’interrogarsi su questo problema. Si badi, non si tratta naturalmente di definire il contenuto della verità – cosa è vero, qual è la verità – ma di perimetrare lo statuto formale della verità, cioè individuare le condizioni logiche che permettono di qualificare come vero o falso un enunciato, una proposizione, in generale una certa entità linguistica o mentale.
Il volumetto di Giorgio Volpe intende esattamente mettere a disposizione una panoramica esauriente e accessibile delle principali teorie della verità – come recita il titolo di un suo precedente e più impegnativo libro (Guerini e Associati, Milano 2005) – che popolano l’ormai vastissimo mondo filosofico della contemporanea filosofia analitica, fornendo così «gli strumenti necessari per iniziare ad orientarsi nei meandri di un dibattito che appare oggi più vivo – e intricato – che mai».
La ricognizione si articola in sei capitoli, ognuno dedicato ad una o più teorie della verità, (la teoria della corrispondenza, anche nella forma dell’atomismo logico, la teoria coerentista, la teoria semantica inaugurata da Alfred Tarski, la teoria epistemica, la teoria deflazionistica, la teoria congiuntiva) delle quali sono rilevate anche le diverse versioni. I grandi nomi della tradizione analitica compaiono più o meno tutti, da Russell e Wittgenstein, da Davidson a Quine, da Frege a Dummett. Particolarmente meritorio, ci sembra, è il tentativo, ben riuscito da parte dell’A. di dar corpo ad un discorso unitario e abbastanza compatto, che non abbia – come è facile nei lavori di compilazione – la fisionomia di un elenco o di un catalogo ma che coinvolga in un percorso di ragionamento in sé connesso e a cui un filo conduttore interno dà coesione. Questo itinerario mette capo ad una forma particolare della teoria congiuntiva, «che si potrebbe definire una versione “minimale” – o “pleonastica – della teoria della corrispondenza», che l’A. ritiene più solida e «abbastanza “snella” da risultare plausibile per le proposizioni dei più svariati ambiti di pensiero e di discorso […] è forse l’unica concezione monistica della verità avente un campo di applicazione tanto ampio da far apparire superfluo imboccare la strada del pluralismo aletico».
Si tratta di un valido ed informato lavoro di compilazione, in cui l’A., come si diceva, non si limita ad una rassegna, ma discute criticamente le tesi riportate, facendole interagire e lasciandone emergere limiti e possibilità concettuali. L’esposizione è chiara, pur senza nulla sottrarre alla scientificità del linguaggio tecnico. Una carenza, forse non del tutto trascurabile, è l’assenza di un discorso tematico sul relativismo, questione che pure in diverse occasioni compare e viene parzialmente affrontata, ma non con l’esaustività che il dibattito contemporaneo e la sensibilità comune a un simile problema, richiederebbe. Ciononostante, in definitiva, possiamo dire che è un consigliabile libretto introduttivo, che consegue bene gli scopi che si prefigge.