Roma Fringe Festival |Francesco Gori | Out is me

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PH. Mirko Lisella

di Lorenzo Clemente, Francesco Gori, Yuri Tuci

con Yuri Tuci

regia Francesco Gori

screenplay e video-editing Lorenzo Clemente

produzione Casa zoo

15 Gennaio 2019. MACRO Testaccio – La Pelanda, Roma.

Il 7 Gennaio 2019 ha avuto il via la settima nuovissima edizione del Roma Fringe Festival.

Il festival, di fatti, apprezzato da anni tra le iniziative dell’Estate Romana, ha deciso di stravolgere i connotati spazio-tempo che lo caratterizzavano, abbandonando gli estivi spazi aperti del noto quartiere San Lorenzo, per migrare al chiuso, in piena stagione invernale, presso le grandi sale dell’Ex Mattatoio – La Pelanda, già sede della cultura capitolina e ospite di diversi altri festival.

I 36 spettacoli selezionati dal nuovo direttore artistico – Fabio Galadini – hanno come comune denominatore il fine di porre in evidenza le differenze sociali, non solo da un punto di vista teatrale ma anche politico e storico. In particolare, Out is me – unanormalestoriatipica mette a fuoco la mission del festival, regalando al pubblico romano uno spaccato sul mondo dell’autismo.

Yuri Tuci – unico interprete e scrittore del testo assieme a Lorenzo Clemente e Francesco Gori, il quale cura anche la regia – è infatti realmente affetto da autismo ad alto funzionamento, e narra semplicemente la sua storia: “una normale storia tipica” appunto.

E come in ogni storia si parla di sesso, di amore, di rapporti familiari e interpersonali, di fobie e false credenze, di spiritualità e della società. Niente di scabroso o anormale, sebbene Yuri si diverta a provocare un po’ il suo pubblico con un’ironia irriverente e cabarettistica atta a scuotere quelle coscienze così normali da essere quasi banali. In effetti, per quanto “normale”, la vita di un autistico si scontra già dall’infanzia con paure irrazionali, difficoltà congenite e psicofarmaci controllori di emozioni. Dopotutto, non è esattamente ciò che si definisce una “tipica” fanciullezza.

E l’età adulta non è da meno.

Musica elettronica e proiezioni video contribuiscono alla percezione di quel caos che governa l’autismo ad alto funzionamento. Il pubblico empatizza. L’applauso è garantito.

Eppure lo spettatore abbandona lo spazio teatrale con incertezza: la storia è reale e raccontata con vero pathos emotivo, ma sembra che non tutto sia stato realmente sviscerato; che le realtà scomode siano più profonde e troppo velate dall’ironia; che la regia giochi un ruolo un po’ troppo marginale per dar più forza all’interprete che, invece, sembra proprio aver bisogno di uno slancio esterno per far sì che la sua storia possa davvero decollare.

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Autore

Tony Scarfì

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