di Laura Nardinocchi
regia Laura Nardinocchi
con Ilaria Fantozzi, Ilaria Giorgi, Claudia Guidi
musiche Francesco Gentile
scene Ludovica Muraca
produzione Rueda Teatro
23 Gennaio 2019. La Pelanda, Roma.
Il 28 Gennaio 2019, il Teatro Vascello ospiterà la finale nazionale della settima edizione del Roma Fringe Festival. La rete dei teatri indipendenti italiani di Zona Indipendente ha selezionato i 4 finalisti tra i 36 debutti che per 21 giorni, per un totale di 108 repliche, hanno animato le sale dell’Ex Mattatoio, che per la prima volta ha ospitato il festival.
Tra questi c’è Pezzi, della giovane compagnia pescarese Rueda Teatro.
All’ingresso del pubblico in sala, le tre attrici – Ilaria Fantozzi, Ilaria Giorgi, Claudia Guidi – sono già in scena, impegnate in una partitura di suono e movimento che delimita una sorta di quadrato immaginario al centro del palco, entro il quale paiono imprigionate.
E sarà proprio questo senso di prigionia a caratterizzare l’intero spettacolo.
Le attrici si presentano in tre semplici mise, grigie, come i loro volti. I capelli sono legati per evitare che qualche ciocca di colore possa ravvivare le gote impallidite.
Sono attorniate da quelli che sembrano essere degli scatoloni, anch’essi incolore e neutri, eppure è uno dei giorni più “colorati” dell’anno: l’8 Dicembre, quando è tradizione addobbare l’albero e l’intera casa di decorazioni natalizie.
Le nostre protagoniste non si esimono dal loro gaio compito e così iniziano a spacchettare lucine e palline colorate che vestiranno alla meno peggio un albero fatto solo di legno, un’infinità di tronchi di varie dimensioni che si sovrappongono accuratamente. Un albero fatto a “pezzi”. L’intraprendente ed evocativa regia di Laura Nardinocchi non lascia nulla al caso e regala continuamente immagini suggestive che non sono altro che pezzi da mettere insieme, per ricostruire una storia, per ricucire una famiglia, per elaborare un lutto.
Si vive per imparare a restare morti tanto tempo è il sottotitolo della pièce.
Ma, si sa, non si finisce mai di imparare.
Ed infatti impreparate erano una donna e le due sue figlie quando la morte ha colto l’unico membro maschile di quel piccolo nucleo familiare, adesso privo di un marito e di un padre.
Eppure sono andate avanti, a pezzi, ma comunque unite. O forse no.
La magia del Natale, coi pranzi, le cene, gli incontri coi parenti, i regali, acuisce inevitabilmente la nostalgia e lo sconforto, derivanti da quell’assenza incolmabile che ha portato via con sé tutto il colore.
Ma la regia è attenta a non crollare mai nel dramma cupo e soffocante, bensì utilizza un velo di ironia e scompostezza, che alleggerisce la recitazione e allo stesso tempo la rafforza.
Delicatissimo e mai banale è lo sfondo sonoro che culla e accompagna lo spettacolo con le incalzanti musiche originali di Francesco Gentile. C’è spazio per un solo lungo silenzio.
Uno di quei silenzi così profondi e assordanti da spiazzare l’intero pubblico che non riesce quasi ad applaudire alla fine. Le mani sono impegnate ad asciugare le lacrime.