San Valentino di letteratura: SCONTRO DI DEI

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Cosa avrà mai fatto Valentino da Terni, ordinato vescovo a soli ventuno anni e morto -martirizzato!- alla veneranda età di novantasei anni, per guadagnarsi il sospirato ricordo degli innamorati di tutto il mondo? Niente. Il suo nome si sarebbe perso tra i tanti inadatti a fare rumore se, più o meno duecento anni dopo la sua morte, Gelasio I non l’avesse eletto a simbolo di una crociata: la crociata contro i Lupercalia.

I Lupercalia, originariamente, non devono essere stati, come sovente si sente dire, dei riti orgiastici. È tuttavia probabile che lo divennero. La loro origine si perde nei fumi della leggenda, ma senza dubbio c’è aria di famiglia con quei culti apotropaici legati al trapasso dal gelo invernale al tepore primaverile.

Ma il grottesco e l’erotico ben presto presero il posto del bucolico, sino ad eccessi di satiriasi.

Valentino, nel frattempo elevato per meriti martiriali a San, divenne così l’inconsapevole traghettatore dell’inquieto paganesimo verso il più cauto amor cortese.
(Per inciso: il processo venne completato sostituendo la festa della dea Giunone con quella della Candelora, legata alla purificazione di Maria dopo la nascita di Gesù, il 2 Febbraio).
Ma quando questa operazione di sostituzione di una festa nuova ad una vecchia divenne manna per i commercianti del globo? Non si sa. Negli Stati Uniti di metà Ottocento si cominciarono a produrre i primi biglietti di San Valentino seriali, incentivando gli sventurati amanti ad accostarvi una piccola materializzazione del sentimento.
Ben più simbolicamente, fin dal Cinquecento, si estese per tutta l’Europa l’usanza di inviare le “valentine”, brevissime poesie d’amore, emistichi sognanti, dediche, giuramenti d’amore eterno. Rimane ancora celebre la prima “valentina” di cui siamo a conoscenza, scritta intorno al 1420 da Carlo d’Orléans, inviata dalla tetra Torre di Londra in cui era rinchiuso come capro espiatorio della disfatta di Agincourt.
Così la festa di San Valentino è l’eco di una scelta, di una presa di posizione epocale che segna il trapasso ad una nuova epoca, di cui noi siamo gli epigoni.

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