Però un paese ci vuole – Storia di nebbie e contentezza

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L’evocazione alla base di tutto. Il ricordo. Il riviverlo. Il rendersi conto che la vita è un ripostiglio pieno di scatole dove ognuno di noi nasconde le proprie cose non materiali. È bello a volte riaprirle e tirar fuori i giocattoli di quando si era bambino, sentirne l’odore e immaginare di tornare indietro. Poi però la scatola si richiude e si rimette al proprio posto. Giovanna Grignaffini, grazie a La Lepre Edizioni, nel libro Però un paese ci vuole apre scatole e lo fa con grande maestria.

Titolo: Però un paese ci vuole

Autore: Giovanna Grignaffini

Editore: La Lepre Edizioni

Anno: 2012

C’è un paese nella Bassa padana. Un paese in cui di giovani ce ne sono pochi, come in molti altri paesi d’Italia. Però è lì, fermo, immobile. È il paese della nascita, della crescita, della maturità, di tutte, o quasi, le prime cose e volte. In una vita fatta di non luoghi, il proprio paese d’origine è l’unico posto da potersi definire sicuro. Non c’è dubbio, un paese ci vuole sempre, «non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti», come scriveva Cesare Pavese.

Francesca torna a Fontanellato. Torna per scoprire qualcosa che le mette pensiero da un po’ di tempo, che le infittisce la vita di mistero, che all’apparenza potrebbe non significare nulla, ma nel nulla a volte è contenuto tutto.

Si ritrova tra gli amici di sempre, tra i limiti e le chiacchiere di una piccola realtà che di certo non è la città da dove arriva. Si ritrova davanti persone che si accontentano della propria vita – anche se poi l’etimologia della parola “accontentarsi” è quell’essere contenti nell’accezione migliore che si conosca – , che hanno creato una famiglia, che hanno un lavoro onesto; eppure lo zoccolo duro delle sue amicizie, quelle persone che hanno vissuto con lei i momenti migliori dell’infanzia e dell’adolescenza, sono come lei: insoddisfatti, alla ricerca, con un’ambizione che forse ormai resta soltanto onirica. Sembra che ci sia, ma in realtà non c’è più.

Si sente fuori casa Francesca, anche stando a casa in realtà. Si sente in difficoltà, superiore a molti aspetti della vita di provincia e inferiore allo stesso tempo a quei sani principi che restano solo lì, e che per quanto ci si sforzi di portarseli dietro nel proprio cammino qualcosa inevitabilmente si perde sempre. C’è una nebbia nella vita di ognuno che impedisce di vedere bene le cose. Come quella che avvolge la bassa padana e Fontanellato, e che poi fortunatamente si dirada sempre.

Però un paese ci vuole è pieno di mistero in realtà, tanto che a volte sembra essere un giallo più che un romanzo. Personalmente il colore che attribuirei a queste pagine è il bianco, perché leggero. È molto ben scritto, scorrevole, piacevole, stimola l’appetito di cercare sempre parole e situazioni e non si vede l’ora di scoprire cosa nasconda la pagina seguente.

C’è un elemento molto particolare: il libro ha una colonna sonora. È zeppo di citazioni  di canzoni che hanno fatto epoca negli anni Sessanta, pieno di musica che già da sola può raccontare una generazione. Ciò che vivono i personaggi è comunque qualcosa che può essere trasportato in qualsiasi anno della storia, semplicemente perché ognuno ha un punto di partenza e un punto di arrivo, e molto spesso questi coincidono. Mentre si legge si torna bambini, ragazzi, si torna a scuola, a giocare per la strada, ai primi amori, che fanno rima con dolori, alle delusioni, ai treni partiti e mai ripassati. Si torna, questo è il bello, dove non si è più. Si viaggia e si sogna, e questo è il giusto lavoro di un buon libro.

Giovanna Grignaffini è al suo primo romanzo ma non di certo alla sua prima avventura a buon fine, come quella che l’ha vista sul podio al premio letterario, categoria Narrativa Edita, Nicola Zingarelli per il 2012.

 

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Autore

Andrea Palazzi

"Il passato è presente in ogni futuro". Andrea Palazzi scrive quello che i suoi occhi osservano e quello che la sua epidermide del cuore assorbe. Nelle sue recensioni traspare la continua ricerca tra l'esatta posizione delle cose e la loro giusta dimensione. Per lui l'arte è l'interazione emotiva tra chi crea e chi osserva.

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