Giancarlo Sepe | The dubliners

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© Simone Mariani

© Simone Mariani

 
di James Joyce
regia Giancarlo Sepe
con Giulia Adami, Manuel D’Amario, Luca Damiani, Loris De Luna, Giorgia Filanti, Pietro Pace, Federica Stefanelli, Guido Targetti, Adele Tirante e la partecipazione di Pino Tufillaro
musiche a cura di Harmonia Team e Davide Mastrogiovanni
scene e costumi Carlo de Marino
aiuto scenografo Fabrizio Iorio
luci Guido Pizzuti
produzione Compagnia Orsini
 
10 marzo 2016, Teatro La Comunità, Roma

 

Nella radice etimologica della parola teatro sta la profonda essenza che da secoli spinge l’essere umano a mettersi in scena: questa radice è riferita al senso della vista e ci riporta alla necessità di osservare per poter conservare nella memoria un qualcosa che racconta di noi.

The dubliners di Giancarlo Sepe è uno spettacolo di suggestioni visive che si imprimono sulla retina indelebilmente. La potenza evocativa di alcune immagini coreografiche ricercate con estrema attenzione e degli atteggiamenti e delle voci dei performers – così viene da chiamarli per la complessità di aspetti espressivi messi in atto durante il lavoro – è un efficace mezzo che riporta alla vita le scene di straordinaria quotidianità che popolano le strade di Dublino nel romanzo di James Joyce. Questa efficacia è indubbiamente derivata da uno studio attento e consapevole del testo che nasce appunto come tale e quindi predisposto ad una fruizione privata. Trasporre sul piano performativo qualcosa che stuzzica prevalentemente l’immaginazione in un contesto intimo come quello della lettura è una sfida interessante e Sepe la realizza grazie a sensibilità creativa – legata ad una certa cultura dell’immagine.

I giovani ragazzi su cui pende la riuscita dello spettacolo sono attenti e concentrati, forti nella presenza corale che li contraddistingue. Questo coro è in grado di creare dei tableau vivants frementi, di mescolarsi e disperdersi in un battito d’occhio, di trasformarsi fisicamente seguendo impulsi ritmici e vocali. Il loro muoversi insieme crea un denso magma, una massa che si districa nella complessità dello spazio scenico – uno spazio ideato da Carlo de Marino che si trasforma grazie alla semplicità e alla funzionalità dei praticabili e che si bagna delle luci suggestive di Guido Pizzuti. L’ensemble di corpi è un richiamo al movimento tipico del popolo nelle vie delle città, un incontrarsi di piccole formiche operaie che sono l’ingranaggio della perfetta macchina Inghilterra, superiore ed altezzosa nell’eleganza ostentata che nasconde in realtà un’atroce indifferenza al dolore della gente comune – il tutto nella voce narrante di Pino Tufillaro.

Il testo è in inglese, ma questo non crea una barriera: non è realmente importante ciò che dicono i personaggi mutevoli e anonimi della folla e il loro “giudice morale”, perché il timbro e la sonorità delle voci, la loro modulazione stimolano di per sé l’udito permettendo una trasmissione diretta al mondo emotivo dello spettatore, piuttosto che invaderlo con informazioni verbali magari espresse con minore intensità. E’ comunque indubbiamente straniante il non potersi affezionare ad un personaggio per la sua storia e il suo vissuto raccontato, ma l’innamoramento è assicurato, perché la comunicazione è diretta al mondo del sensoriale. L’unico neo del lavoro è da attribuire al continuo commento musicale, non tanto per la qualità ma proprio per il susseguirsi continuo delle melodie che non permettono ai momenti di sospensione di essere realmente tali.

Lo spettacolo è in scena per tutto il mese di marzo dal giovedì alla domenica presso il Teatro La Comunità.

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Autore

Ludovica Avetrani

attrice, danzatrice, curiosa. caporedattrice delle sezioni di teatro e danza. odia le maiuscole.

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