Vladislav Delay e Giovanni Guidi, una sperimentazione armonica – Reportage

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Foto: Luca Gandolfi

Line Up: Giovanni Guidi – pianoforte, Vladislav Delay – synth

Dove: Chiesa metodista, Roma

Quando: sabato 24 novembre 2012

Info:

Vladislav Delay website – soundcloud page – facebook page

Giovanni Guidi website – facebook page

Chorde wesbsitefacebook page

Una piccola chiesa di Roma intima come un’abitazione accoglie il tuo sabato sera problematico di inizio inverno e ti scalda, con le panche vicine e le persone spalla a spalla. A benedire gli astanti un pianoforte a coda e un tavolo di sintetizzatori protetti dalla penombra, in attesa di Giovanni Guidi e Susu Ripatti, akaVladislav Delay. Una collaborazione nata in grembo all’estate per il Dancity Festival 2012 di Foligno, città natale di Guidi, e ripresa per Chorde da Mamo Giovenco, creatore di line up sempre proiettate verso le forme più contemporanee e commoventi in cui si esprime la musica. Delay e Guidi si avvicendano sul palco per una seconda esibizione di questo nuovo progetto di cui non esiste altra testimonianza se non quella del live, che rende l’esperienza ancora più labile e intrigante. Due personalità di spicco in categorie musicali diverse, che sposano oggi jazz ed elettronica creando un pianeta sonoro i cui confini sprofondano nell’animo di ognuno, recuperando un’intimità profonda che si impiglia ai brandelli della sperimentazione che congiunge Italia e Finlandia in una sola risonanza.

Un’introduzione ed un epilogo ben distinti creano nell’esecuzione globale un centro chiaro, in cui si risolve massimamente tutta la carica sensibile: il primo brano è un’eroina che guardandosi intorno si aggira in un bosco di ombre cupe, sopra cui aleggiano nuvole grigie che si intensificano gradatamente fino a risolversi in un temporale dalle tinte industrial/psichedeliche, che spreme la sua brutalità in una pioggia ritmatissima. Una pioggia che quando ha finito di cadere si raccoglie in un mare che si placa, dopo la tempesta, permettendoti di sedere ed ascoltare con maggiore distensione. Così una ventina di minuti di concerto ed è il piano a guadagnare lo spazio con una melodia notturna, sopra cui i pad elettronici diventano stelle cadenti e la bellezza lievita, circondata da un sottofondo noisy che la rende lealmente imperfetta: un pianoforte a coda e un tavolo di laptop diventano così colonna sonora della verità, preziosa e corruttibile. Ogni dolore è lontano e le alte vetrate della chiesa si sciolgono.

Guidi gioca col piano suonando i tasti e allungando le dita sulle corde mentre dall’altra parte ricomincia lo sgretolamento della melodia per dare spazio al movimento, e il suono è deformato e alterato e calcolato con devota maestria da un deus che raccoglie i frutti di semi rari, che rimangono però impregnati di quella sincerità che solo la genuinità sa conservare.

Una frequenza chiama e un pianoforte risponde, una notte intera, cullata dal religioso silenzio di chi ascolta. Impassibile l’espressione di Ripatti, che scappa dandosi alle molte identità (Luomo, The Dolls, Sistol, Uusitalo e Conoco) che non riescono a nascondere la sua forza plasmante quando si tratta di segnali sonori, che lo rende attualmente uno dei nomi più interessanti del team di Raster Noton.

Un bis finale e spingi un alto portone di legno per uscire, con i canali percettivi splendidamente confusi, e ti chiedi un’altra volta se ha senso scriverne, di una cosa così, o se il massimo rispetto per la sua sacralità sarebbe farla finire lì dove è iniziata quel giorno, in una chiesa modesta al centro di Roma.

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Redazione

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