Martingala/Anima Incolta

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Martingala/Anima Incolta

 

Band: Martingala

EP: Anima Incolta

Anno: 2020

 

“Viaggio nello spazio/tempo.

Ho un appuntamento all’o.k. Corral e devo sbrigarmi.

Ho polvere dappertutto e il mio cavallo è stanco, ma la musica 

che ho nella testa mi aiuterà ad arrivare in tempo.

La polvere diventa sabbia, sabbia anni ottanta

di dune abbandonate, lontana, alberi portati a riva dalle onde, una donna, una macchina,

vento e la mia testa che dondola al ritmo della musica.

Tutti a quel locale a ballare, tutti, andiamo tutti.

Continuo a camminare verso di noi. Ci vedo da lontano, precipito nel divano,

guardo fuori dalla finestra, dove siamo, dove siamo arrivati.

E mi ritrovo in un film, con occhiali a goccia dalle lenti ambrate, viadotti metropolitani,

cammino, fumo, mi guardo intorno, salgo in macchina, accendo la radio,

alzo il volume…adesso ho tutto”.

Tornano i Martingala,

dopo il loro Realismo Magico Mediterraneo (che Nucleo aveva raccontato per voi), con un nuovo EP: Anima Incolta. Quattro tracce, quattro nuovi racconti nomadi e surreali.

Overture, Nostalghia, Supernova, Voglio tutto,

queste le frontiere superate dalla band, frontiere dal sound riconoscibile e caratteristico dei Martingala. Colonne sonore di vita vissuta e passi, di sogni, di speranze, di allucinazioni, emozioni che soltanto la musica riesce a regalare.

Rock, surf, rhythm’n’blues,

i prati musicali dove corrono Davide, Alessandro ed Emanuele, che sanno bilanciare benissimo gli ingredienti, aggiungendo un pizzico di suoni elettrici da pedale che destano dal percorso principale e ci lasciano ad ammirare orizzonti lontani.

Sinceramente speravo di ritrovare tutto questo nel nuovo lavoro dei Martingala,

speravo di ritrovarmi spaesato e portato via dal mio quotidiano per vivere un viaggio in luoghi che avevo già visitato tempo fa con il loro primo disco.

La leggerezza che regala questa band non è cosa da poco nel panorama musicale attuale.

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Autore

Andrea Palazzi

"Il passato è presente in ogni futuro". Andrea Palazzi scrive quello che i suoi occhi osservano e quello che la sua epidermide del cuore assorbe. Nelle sue recensioni traspare la continua ricerca tra l'esatta posizione delle cose e la loro giusta dimensione. Per lui l'arte è l'interazione emotiva tra chi crea e chi osserva.

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