Luisa Cortesi | On the Other Hand

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photo Manuela Giusto

photo Manuela Giusto

 
 
di e con Luisa Cortesi
24 Aprile 2015, Teatro dell’Orologio, Roma.

Di solitudini e di altri paesaggi, riecheggia il solo di Luisa Cortesi, presente in qualità di interprete e autrice, sola come il pesce nero che si dimena nella boccia di vetro posta alla sua destra sulla scena. L’artista, classe ’77, proveniente da Prato, vanta una carriera ricca di collaborazioni importanti. Studia danza contemporanea in giro per il mondo, si forma alla Trisha Brown Dance Company, dal 2000 al 2003 partecipa a diverse produzioni della Compagnia Virgilio Sieni Danza, e parallelamente collabora con l’artista visivo Massimo Barzagli, con il quale compone performance quali Di Stanze (2005), Fiorile (2005) e la videoinstallazione La casa assente (2006). Al 2011 risale il bel solo autoriale Eskaton, nel quale la danzatrice percorre lo spazio scenico con delle scarpe rosse col tacco e viene cosparsa di vernice colorata e poi grigia.

On the Other Hands – presentato alla rassegna EDEN connect the dots al Teatro dell’Orologio – è invece un solo più intimista, dove prevale il monocromatismo del nero sia nell’abbigliamento che nello sfondo scenico. La Cortesi indossa un abito nero, con calzini neri, senza scarpe. Il ritmo è scandito dall’ambiente sonoro composto in primis da rumori e suoni presi dalla natura, poi da una canzone melò spagnola, la cui tristezza si diffonde nella sala mentre la performer danza un lento senza accompagnatore. A seguire questa prima scena, al cui inizio la performer bussa a una porta invisibile, il corpo si blocca in una serie di pose fisse, mentre si ascolta un missaggio di suoni registrati dalla strada, elementi ready made prelevati da paesi mediterranei quali la Spagna e la Sicilia. Voci di mercato, maschili, grossolane contrastano con la figura femminile serafica ed enigmatica presente in scena. La tensione drammaturgica tende in seguito a distendersi, i movimenti si fanno più fluidi e la dialettica con lo spazio più articolata; alla luce nostalgica di una strobosfera che vortica proiettando sul corpo della Cortesi il suo spettro frammentato e colorato. Verso il finale, il registro sonoro cambia nuovamente con la presenza di un brano rock strumentale, al suono del quale la performer si lascia andare in una serie di movimenti circolari e composti in maggior misura da volteggi degli arti superiori, raggiungendo attraverso la ripetizione e la struttura circolare, forse una tranquillità momentanea che scompare al termine del brano; la Cortesi infatti conclude la performance così come l’ha iniziata, bussando a una porta invisibile che non verrà aperta da nessuno.

Di rilievo risulta la memoria emotiva del soggetto, assieme alla rappresentazione scenica intimista e malinconica; la femminilità, il viaggio, la musica e la danza, questi i temi portanti del solo della Cortesi, che si presenta come un assemblaggio di ricordanze e di stati d’animo, all’interno di un discorso introspettivo che viene simboleggiato dalla presenza enigmatica di quel pesce nero dalla lunga pinna (un black molly probabilmente, tipico pesce da acquario) ai cui movimenti sembra mimeticamente rifarsi la danzatrice, la quale agisce la propria partitura coreografica autoriale stando quasi sempre fissa in una zona ristretta dello spazio scenico, ambiente liquido senza possibilità di uscita.

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Redazione

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