BNL Media Art Festival | l’Arte in un mondo che cambia

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Titolo: BNL Media Art Festival
Luogo: Maxxi – Museo delle arti del XXI secolo; Mibact; Palestra dell’Innovazione; Rufa – Rome University of Fine Arts; Quasar Design University; Goethe Institut; Accademia di Spagna; Ambasciata del Cile
13 – 17 aprile 2016
Scenocosme (Grégory Lasserre & Anaïs), Metamorphy

Scenocosme (Grégory Lasserre & Anaïs), Metamorphy

Dal 13 al 17 aprile il BNL Media Art Festival, l’ambiziosa iniziativa promossa dalla Fondazione Mondo Digitale e co-prodotta con BNL Gruppo Bnp Paribas, patrocinata dal MiBACT, dalla Regione Lazio e da Roma Capitale, vedrà ospiti internazionali – come Gerfried Stocker e Siegfried Zielinski –dialogare tra loro sul concetto di Media Art e sulle possibili connessioni tra arte e imprenditorialità in importanti location a Roma. Dopo l’edizione pilota del febbraio 2015, il BNL Media Art Festival ha inaugurato quest’anno in una sede d’eccezione: il Maxxi, spazio ontologicamente preposto alle sperimentazioni artistiche e a interessanti nessi multiculturali e interdisciplinari. Come ha sostenuto durante la conferenza d’apertura del festival Giovanna Melandri, presidente della Fondazione Maxxi – parafrasando William Kentridge – si deve smontare e ricostruire il mondo anche facendo leva sulla forza dell’arte. Creatività e tecnologie quindi, una al servizio dell’altra e, insieme, al servizio della ricerca e dello sviluppo della conoscenza. Punto di forza del festival, così come ricordato più volte durante la mattinata inaugurale, è stata la collaborazione tra artisti e scuole di diverso ordine e grado di Roma, Milano e Napoli, col fine di avvicinare i giovanissimi al mondo della creatività sfruttando le nuove tecnologie e confrontandosi con una pratica artistica non solo teorica, “da manuale”, ma soprattutto pratica. Un festival diffuso che si pone dunque la finalità di creare contatti e scambi proficui tra scuole, istituzioni culturali, ambasciate, accademie e, non ultimo, il pubblico. La densa mostra che ha coinvolto vari artisti italiani e internazionali, alcuni dei quali hanno anche collaborato con gli studenti dei licei partecipanti per la realizzazione di un progetto artistico condiviso, ha occupato lo spazio D del Maxxi. La sensazione che si ha entrando nel primo spazio espositivo è alquanto disorientante: un unico ambiente completamente scuro funge da grande contenitore per le diverse – e un po’ affollate – installazioni, la maggior parte delle quali prevedono una componente sonora. L’opera geometrica allusiva al cosmico buco nero di Michele Cossyro ci pone interrogativi irrisolti mentre ci muoviamo attentamente con l’intenzione di decifrare le tante installazioni, seguendo qua e là gli abbagli di luce o i suoni più intensi. Ecco allora che l’attenzione viene attratta dalle ipnotiche sfere-pendoli di Yannis Kranidiotis appese con fibre ottiche al soffitto, che si muovono ondeggiando nello spazio grazie all’ausilio di piccole eliche montate esternamente sulla loro superficie. O dal rumore assordante della batteria di Felipe Aguila realizzata con pentole e coperchi, simbolo di una voce che viene dal basso, dal popolo, uno strumento di protesta che si ispira a ricordi personali dell’infanzia dell’artista in Cile. Se si desidera la si può suonare, accogliendo così l’invito ludico di Aguila a immedesimarsi con il popolo cileno in rivolta. L’installazione che ha raccolto intorno a sé maggiore interesse è stata Metamorphy, il velo che si anima appena lo si tocca con la mano, opera del duo Scenocosme composto da Grégory Lasserre e Anaïs, che comporta necessariamente l’interazione da parte del pubblico e si struttura intorno all’idea di metamorfosi e di cambiamento. La materia con cui si entra in contatto visivamente muta e l’iniziale velo bianco si anima in una serie di circonferenze colorate a seconda del vigore del tocco, producendo anche dei suoni di intensità variabile. Volendo rimanere nell’ambito della metamorfosi da uno stadio vitale all’altro, Cesar Escudero Andaluz ha voluto porre l’attenzione su un aspetto insito nell’evoluzione tecnologica ma sul quale spesso non ci si sofferma, ovvero l’archeologia dei media, il passaggio da un medium ormai desueto, superato, ad uno più innovativo e che incontra maggiormente i bisogni del pubblico. In Tapebook i dati estratti dai social network sono convertiti in documenti audio e registrati su un supporto considerato, oggi, vintage: l’audiocassetta, di cui si può ascoltare il contenuto grazie a un mangianastri, potendo scegliere tra le varie cassette che raccontano di altrettanti personaggi noti.

Cesar Escudero Andaluz, Tapebook

Cesar Escudero Andaluz, Tapebook

Proseguendo il percorso di mostra nel secondo spazio espositivo – il corner D – molto più luminoso e di facile approccio alle opere rispetto al precedente, troviamo i dettagli architettonici del medesimo spazio fotografati da Wendy Plovmand che ne distorce digitalmente la forma e li riadatta all’interno di un’installazione dove l’elemento reale non esiste più, perché è divenuto sintesi di linee e toni cromatici. Un altro lavoro svolto sulle immagini – stavolta still da video – montate in sequenza e riprese da un documentario in cui un picchio sta costruendo, beccata dopo beccata, la sua tana in un tronco, è l’opera di Giuseppe De Mattia dove la reiterazione del gesto meticoloso fa riflettere rispetto alla velocità di realizzazione degli strumenti digitali oggi. Al centro dello spazio si staglia la gigantesca opera di Davide Dormino Tre chiodi, dove il chiodo per l’appunto simboleggia la volontà di costruire – e costituire – nuove civiltà. I chiodi qui sono così grandi perché le enormi potenzialità evolutive dell’uomo possono divenire nuove fondamenta di una civiltà caratterizzata dalle tecnologie e dal digitale. L’auspicio artistico di Dormino potrebbe essere un po’ la sintesi di questo BNL Media Art Festival e un augurio rivolto anche a tutto il mondo delle istituzioni culturali, per una ricerca realmente finalizzata all’impiego di tecnologiche avanzate per la fruizione artistica e all’allargamento di un’ottica culturale che possa essere di tutti, attraverso la partecipazione interattiva del grande pubblico mediante esperienze estetiche emotivamente coinvolgenti ed uniche.

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Autore

Cristina Palumbo

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