Teatr ZAR | Taglio cesareo. Prove sul suicidio

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TEATR ZAR " CESARSKIE CIECIE "FOT. LUKASZ GIZA

Direttore del progetto : Jarosław Fret
Collaborazione musicale : Mariana Sadowska
Collaborazione alla partitura del movimento : Vivien Wood
Performer/musicisti: Kamila Klamut, Ditte Berkeley (le donne), Maciej Matejka (l’uomo), Nini Julia Bang, Alessandro Curti, Jarosław Fret, Aleksandra Kotecka, Ewa Pasikowska, Orest Sharak, Tomasz Wierzbowski
Teatro India, 16-17 Giugno 2015

All’uomo basta finire in una gabbia, cioè in uno di quei blocchi di cemento che sono le case, per dimenticare il ritmo a cui si muove un leone in gabbia. “Un leone in gabbia si muove esattamente al ritmo di un metronomo e rimette la zampa esattamente allo stesso punto di prima. Questa ripetizione non è ottusità, non è mera ripetizione dell’organismo, no, essa è segno della costante tensione a vivere secondo un ritmo”. (Mejerchold’d 1919 in L’attore biomeccanico, 2009). Questa idea di Mejerchol’d ha informato la teoria e l’attività dell’Istituto Grotowski di Wrocław e si realizza senza pari nel lavoro della compagnia Teatr ZAR. L’ethos di questa compagnia mostra proprio la familiarità dei gesti umani a quel mondo animale rimasto fedele alle leggi del ritmo. L’attore in scena è realmente il ‘magnifico animale’ a cui pensava Mejerchol’d, un animale che vuole mostrare la propria arte, la propria ferinità, “l’entusiasmo che sa esprimere in un sublime movimento”. Ma la ricerca specifica di Teatr ZAR congiunge agli elementi tradizionali del teatro fisico, partitura ritmica e movimento, anche lo studio accurato delle fonti del canto popolare.

Taglio cesareo. Prove sul suicidio, presentato il 16 giugno al Teatro India nella rassegna Corso Polonia 2015, fa parte del Trittico I Vangeli dell’Infanzia e ne costituisce la sua seconda parte. Essa è dedicata:

Alla forza gravitazionale

Alle nostre gole

Alle signorine assennate

Alle signorine stupide

A tutti gli estivi

A Zygmut Duczyński

Questa parte, vincitrice del Total Theatre Award al Fringe Festival di Edimburgo del 2012 e dell’Herald Angel Awards, si muove nell’insegnamento di Juliusz Osterwa, una delle maggiori figure del teatro polacco del XX secolo, da cui attinse anche Grotowski, che scrisse “Dio ha creato il teatro per coloro a cui la Chiesa non basta”. I gesti dell’attore qui sono, infatti, gesti rituali con cui colmare “il divario dinamico tra la quotidianità e la trascendenza”. Questa frattura si riflette efficacemente nell’allestimento scenografico, dove la scena è tagliata a metà da una fessura ricolma di pezzi di vetro. Il rischio di ferirsi quando si è costretti a danzare e cantare lungo questa soglia è sempre visibile. Gli oggetti quotidiani sono il punto di partenza per interrogarsi sul perché essi vengano usati per sopravvivere e non per suicidarsi. Quanto servono gli oggetti quotidiani a sventare il suicidio? Come far passare il loro momento letale in un gesto salvifico? Il corpo dei dieci performer in scena sperimenta tutte le possibilità letali e parossistiche di oggetti necessari all’abitare minimo come tavoli, sedie, una finestra, una pianta d’appartamento, i loro stessi indumenti, il contatto dei propri corpi.

Questa partitura drammaturgica si sostiene sulla partitura musicale dei canti sacri della Corsica, contaminati dalle sonorità della musica popolare bulgara, romena, islandese e cecena. L’arte dei performer spazia così dalla perfezione del gesto e del movimento ritmico, alla produzione in scena della musica, eseguita in momenti di canto corale o in esecuzioni individuali di pezzi per viola e pianoforte, la cui potenza timbrica, liberata da ciascuna nota, accenna all’arte di Erik Satie.

Se, come sosteneva Mejerchol’d, la teatralità di un’opera si misura sulla possibilità di sottrarre completamente la parola dalla sua struttura senza alcun danno per l’efficacia della narrazione, allora Taglio cesareo. Prove sul suicidio realizza pienamente questa qualità.

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Autore

Mariaenrica Giannuzzi

Mariaenrica Giannuzzi (1989) è nata in Puglia e vive a Roma. Laureata in filosofia alla Sapienza sull’idea di storia naturale nella poesia di Paul Celan, la sua ricerca comprende l’uso politico delle scienze, le teorie della biodiveristà e il pensiero femminista (Iaph – Italia). Ama viaggiare per le isole, camminare nei boschi e arrampicarsi.

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