Romaeuropa Festival 2013: DNA, Good Vibration

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Appuntamento della IV edizione di DNA 2013, la stagione che sperimenta il linguaggio del corpo in movimento nell’ambito del Romaeuropa festival, Good Vibration espone la ricerca sull’invenzione di Lev Theremin, strumento che riproduce a distanza le vibrazioni del movimento, senza contatto.  Il progetto è vincitore del bando “Ripensando Theremin”.

Good Vibration

Progetto e realizzazione :CANI

Coreografia e Regia : Ramona Caia, Jacopo Jenna, Giulia Mureddu
Musica : Francesco Casciaro

In scena : Jacopo Jenna e Francesco Casciaro

Luci : Roland van Ulden

Consulenza drammaturgica : Carlo Cuppini

Organizzazione : Luisa Zuffo

Produzione : CANI, Spazio K_Kinkaleri, Armunia/Festival Inequilibrio, CSC Centro per la Scena Contemporanea/Casa della Danza di Bassano del Grappa, Centro Teatro Ateneo, Sapienza,Università di Roma, Fondazione Romaeuropa/Ente di Promozione Danza, L’arboreto – Teatro Dimora, Il Vivaio del Malcantone

http://romaeuropa.net/it/festival/1362-dna-2013-cani.html

http://vimeo.com/60754744

27 ottobre – Opificio Telecom Italia, Roma

 

Good vibration si presenta come un concerto per il respiro. Sulla scena sono disposti un microfono da sala di registrazione e una postazione per la lavorazione digitale del suono. Il performer avanza verso il microfono, un metronomo comincia a scandire il ritmo e il performer si prepara al concerto. L’apertura mostra il solfeggio della partitura: i suoi elementi saranno i tempi e le pause, l’anatomia e le intensità dei respiri, la serie dei risuonatori del corpo.

Dalla lettura del testo si passa a campionare le sequenze di respiri, a distorcerli, amplificarli, mandarli in loop fino ad una densità di soffi e fruscii che trasporta il pubblico in un bosco battuto da venti dalle direzioni imprevedibili.

Tema della composizione è la «vibratilità»  della materia, la possibilità di ogni corpo di produrre segnali. In questa danza che ricerca intorno alla trasmissione a distanza del suono, il Theremin è un’occasione per pensare alla differenza tra la vibrazione del corpo vivente e la vibrazione degli oggetti. Il Theremin registra ogni piccola variazione del movimento delle mani di un esecutore e quel movimento è un segnale tradotto in un particolare suono, simile alle interferenze sulle frequenze radio. Il suono del Theremin è prodotto dal movimento, ma danzare la sua musica significa esibire che ogni movimento produce ed è prodotto da un soffio, che è la vibrazione del corpo vivente, ed è rimesso ad una ritmica mai perfetta, che non coincide con le regole della composizione.

Per il suo funzionamento il Theremin fa saltare la connessione diretta tra strumento e tocco, e allo stesso modo in Good Vibration viene annullata l’apparente immediatezza che nella danza lega i movimenti ai suoni. Movimento e suono si producono davanti agli occhi dello spettatore nello stesso istante indipendenti l’uno dall’altro eppure in un rapporto complesso. Il musicista lavora per costruire questo «gioco di libertà e costrizione». Non solo la danza produce con i suoi gesti la sua stessa musica da stazione spaziale, ma il musicista si adopera a trasformare ulteriormente questo suono riadattandolo al movimento del danzatore, in un dialogo che gli restituisce un suono ripetuto, espanso o contratto, troncato e sfasato rispetto alla sequenza dei movimenti. Lo strumento reagisce alla danza, ma alla danza viene restituita una musica già oggetto di improvvisazione.

Eppure il corpo vivente con la ricchezza della sua ritmica può essere messo in situazioni che lo adoperano come una cosa che vibra perché ne percuote un’altra. Si mostra un corpo che batte il tempo nella marcia, che viene agitato, colpito contro il palco. Nell’intenzione della compagnia, «tutta la composizione è dominata da regole: dall’esibizione canora basata su una partitura scritta, dove i suoni prodotti dal danzatore sono catturati ed elaborati dal vivo dal musicista, alla militarizzazione del corpo attraverso l’imposizione di uno schema ritmico al respiro, fino al tema della passione e morte, non rappresentato ma colto come realtà fisica in una zona estrema prossima alla mancata ossigenazione».

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Autore

Mariaenrica Giannuzzi

Mariaenrica Giannuzzi (1989) è nata in Puglia e vive a Roma. Laureata in filosofia alla Sapienza sull’idea di storia naturale nella poesia di Paul Celan, la sua ricerca comprende l’uso politico delle scienze, le teorie della biodiveristà e il pensiero femminista (Iaph – Italia). Ama viaggiare per le isole, camminare nei boschi e arrampicarsi.

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