DOMINIO PUBBLICO: Roberto Castello, Scene da un matrimonio

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Dal 7 al 9 marzo è andata in scena al Teatro dell’Orologio – nell’ambito della stagione condivisa con il Teatro Argot Studio, Dominio Pubblico – la performance per contesti urbani Scene da un matrimonio, ideata da Roberto Castello.

 

Scene da un matrimonio

un progetto di Roberto Castello
interpreti Fabio Pagano, Alessandra Moretti, Mariano Nieddu
in collaborazione con Alessandra Moretti, Mariano Nieddu, Stefano Questorio, Ambra Senatore
produzione Aldes
in collaborazione con Festival Danza Urbana (BO) e Urban Bodies (GE)
con il sostegno di Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Regione Toscana

7-9 marzo 2014 @ Dominio Pubblico, Teatro dell’Orologio, Roma

Entrando in teatro si viene immediatamente avvertiti che non è quello il luogo dove andrebbe vista la performance in questione. Scene da un matrimonio, rappresentata per la prima volta nel 2008, è pensata infatti per essere eseguita in contesti urbani, strade, piazze o sagre. Sarebbe, dunque, indirizzata a tutti, meno che a spettatori paganti in un teatro. Roberto Castello, ideatore della performance e fondatore dell’associazione di artisti ed operatori culturali Aldes, accoglie gli spettatori parlando dello spirito della rappresentazione, ossia quello di non rivolgersi al solito circolo di persone amanti del teatro, ma di voler intercettare l’interesse di chi – come bambini, anziani, stranieri – si imbatte per caso nella performance e ne può restare colpito.

Per quanto riguarda la scelta del titolo, il richiamo al film di Ingmar Bergman (Scene da un matrimonio, 1973) è stato utilizzato per contrasto: nessuna indagine interiore al malessere causato dal fatidico sì, ma, piuttosto, rappresentazione dell’esteriorità dell’evento che più di ogni altro riunisce la comunità in una festa.

 

Dopo queste parole di necessaria introduzione, gli spettatori vengono sistemati sul palco e catapultati tra i chiassosi festeggiamenti di una giovane coppia di sposi. Tutto è irrimediabilmente kitsch: gli abiti retrò da pochi soldi, le scarpe sportive, la musica zingara. I festeggiati sono burattini nelle mani del testimone, che li muove e li costringe a posizioni comiche e grottesche, per diventare poi attori inconsapevoli di quel codificato e vuoto rituale che è il matrimonio. Gli sposi non parlano mai, ma si comprendono benissimo. Grazie al lavoro sulla mimica, infatti, gli interpreti incarnano la superficialità dell’evento, manifestando sentimenti scontati e meccanici, come quando la sposa è in preda all’emozione nel cantare pessimamente una canzonetta al karaoke.

Agli spettatori, coinvolti nella performance come invitati al matrimonio, vengono offerti spumante e confetti.

Di ottima esecuzione sono le danze esagerate di cui danno prova i tre personaggi, così come i movimenti al rallentatore – accordati all’onnipresente musica gitana – che rendono le espressioni del volto esercizi di mostruosa comicità.

L’occhio del testimone è a tratti critico nei confronti della pantomima che si svolge davanti a lui, tuttavia anch’egli è parte integrante della festa e dalla festa non  può sfuggire, finendo a fare così il dovuto discorso zeppo di volgarità grossolane nei confronti della sposa.

 

In conclusione, è da apprezzare la tensione di Scene da un matrimonio al coinvolgimento dello spettatore, rendendolo parte della performance e mettendo in scena una dinamica familiare nella quale potersi riconoscere. Tuttavia, restando la breve rappresentazione tutta interna all’ambito dell’intrattenimento, strapparla dal suo contesto, presentandola in un teatro, non è stata forse la scelta giusta.

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Redazione

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