Pensieri di Dicembre: i Film, il Natale e il Babbo illegittimo – GREMLINS di Joe Dante

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Regia Joe Dante (1984),

Sceneggiatura Chris Columbus,

Fotografia John Hora,

Montaggio Tina Hirsch,

Musiche Jerry Goldsmith, Noel Regney,

Produttore esecutivo Steven Spielberg (USA),

interpreti Zach Galligan (Billy Peltzer), Phoebe Cates (Kate Beringer), Hoyt Axton (Rand Peltzer), Francis Lee McCain (Lynn Peltzer), Peggy Holiday (Mrs. Deagle), Keye Luke (Mr. Wing),

 Durata 106’.

Gremlins, ovvero il tenebroso Natale del peloso Gizmo.

Con Gremlins (1984) ci troviamo nella classica cornice dei film americani dedicati alle feste natalizie. Sullo schermo abbiamo una piccola cittadina innevata, un protagonista, Billy Peltzer, il suo amore, non ancora dichiarato, per Kate Beringer e infine un cattivo, la bisbetica Mrs. Deagle.

A scompaginare la trama da pura e stereotipata commedia ci pensa il batuffolo Gizmo, piccolo Mogwai comprato in un negozio di cianfrusaglie e di provenienza sconosciuta. Donato a Billy come regalo di Natale, Gizmo è animale per antitesi. Tre sono le regole che bisogna seguire con il Mogwai: non esporlo alla luce – quella solare gli sarebbe addirittura fatale -, non farlo avvicinare all’acqua, non dargli da mangiare dopo la mezzanotte. Con Gizmo il senso di responsabilità è completamente capovolto; il codice da seguire si basa soltanto sul suffisso “non” e indica l’ineluttabilità del contrasto mortale esistente tra il Mogwai e quegli elementi fondamentali per la sopravvivenza di ogni singolo essere vivente: il sole, il cibo, l’acqua. Per il resto Gizmo, nel suo mondo fatto di ombra, è animale dotato di curiosa e intonata voce e perfetto compagno di quelle serate natalizie trascorse coi parenti davanti al camino oppure passate di fronte a vecchi film dati su un attempato tubo catodico.

Saranno gesti sbadati e piccole astuzie a trasformare questa commedia in una horror comedy dagli accenti quasi splatter. Gizmo a contatto con l’acqua si riproduce – l’acqua diviene elemento ipervitale, non più molecola principale del mantenersi in vita, ma ingrediente unico e imprescindibile della riproduzione, del far sorgere la vita stessa – e la sua progenie, astuta e sfrontata, riesce attraverso un escamotage, la rottura della sveglia, a farsi dare da mangiare dopo la fatidica mezzanotte. Il cibo diventa così l’oggetto che permette di cominciare il processo metamorfico, rito d’iniziazione per la possibile futura distruzione della cittadina.

Il risultato, geniale per la riuscita del film, è catastrofico per la popolazione della stessa città. La combinazione Mogwai-cibo genera mostri. Dalla dolcezza di Gizmo alla pura cattiveria del Gremlins il passo, nel suo incarnare un processo trasformativo radicale, è brevissimo. In poche ore la logica natalizia viene messa a soqquadro dalla furia irrazionale e anarchica dei Gremlins, moltiplicatisi a dismisura e dediti a vizi e giochi sadici. I Gremlins, con la loro follia, incarnano perfettamente alcune tipiche macchiette del genere umano: il boss, il giocatore d’azzardo, la prostituta, il maniaco con l’impermeabile.

Solo mediante alcuni espedienti, più o meno brillanti, i protagonisti, Gizmo compreso,

riusciranno a cavarsela e a salvare la città dall’avanzata barbarica dei Gremlins e dal loro condottiero Ciuffo Bianco. Trasformata metamorficamente in horror, la commedia si prospetta come un film divertente per tutti e pauroso per i più piccoli.

L’aspetto più interessante è tuttavia rintracciabile in quella richiesta di responsabilità che il Mogwai, con la sua dolcezza, reclama. Piccole attenzioni e affetti tendenti a indicare come la presa in carico dell’altro implichi un’attualizzazione di un’etica della cura nei confronti sia di se stessi sia di coloro che ci vengono incontro; un senso di responsabilità, morale non tanto della favola, quanto del farsi rappresentazione del mostruoso che alberga in quella stanza, caleidoscopica e buia, della nostra mente chiamata immaginario fantastico.

Per sentire il reclamo, la richiesta di aiuto, basta soltanto mettersi in ascolto di quell’essere vivente che si trova di fronte a noi. La lingua diversa del Mogwai, in questo modo, non è più parola intraducibile, ma suono impercettibile dell’alterità, mai assecondabile al proprio egoismo e, tuttavia, nella sua impossibilità di essere compresa del tutto, sempre attraente. In fondo, come afferma Mr. Wing nelle battute finali, “non siete è ancora pronti” per il Mogwai…

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Autore

Lorenzo Cascelli

Ho conseguito la Laurea Magistrale in Estetica nel 2012 con una tesi su "The Tree of Life" di T. Malick e "Melancholia" di L. von Trier presso il dipartimento di Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Caporedattore prima di Arte e Libri e poi di Cinema presso Pensieri di Cartapesta, da Aprile 2014 sono direttore editoriale di Nucleo Artzine.

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