Nebraska

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Proiettato mercoledì 15 Gennaio al MAXXI in anteprima gratuita per gli addetti ai lavori e non, Nebraska, presentato alla scorsa edizione del Festival di Cannes, è l’ultimo film del regista premio Oscar Alexander Payne.

Nebraska, di Alexander Payne, USA 2013, 110′

Sceneggiatura: Bob Nelson

Fotografia: Phedon Papamichael

Montaggio: Kevin Tent

Produttore: Albert Berger, Ron Yerxa

Produttore esecutivo: George Parra, Julie M. Thompson

Casa di produzione: Bona Fide Productions

Distribuzione (Italia): Lucky Red Distribuzione

Interpreti: Bruce Dern, Will Forte, June Squibb, Bob Odenkirk, Stacy Keach, Missy Doty

Secondo un volantino pubblicitario Woody Grant ha vinto un milione di dollari. Deve andarli a ritirare a Lincoln, in Nebraska, in qualsiasi modo, anche a piedi. Ad accompagnarlo – in macchina – nella sua folle riscossione, contro il volere della madre e di suo fratello maggiore, vi è David, il figlio minore di Woody. Il loro viaggio assumerà, tuttavia, nel ritorno nella loro città Natale, Hawthorne, i tratti della reunion familiare e del recupero di alcune tracce del passato; una riscoperta in cui l’intento pedagogico viene meno, capovolto nell’aiuto che David dà al padre. Ciò dà spazio a una più interessante ricerca di quella bellezza del senso effimero delle cose provata da Woody, uomo quasi infantile, o meglio arcaico, nel suo essere inconsapevolmente (?) credulone: «Non ha l’Alzheimer, crede solo a ciò che gli si dice».

In Nebraska ci troviamo di fronte a una commistione di generi: un’ironia completamente provinciale, tipica della commedia e quasi macchiettistica nella sua esposizione dei vizi di alcuni personaggi, che deve fare i conti con il dramma di una vita fallimentare, dedita all’alcolismo e all’impossibilità di superare un trauma come quello della guerra in Corea. La viva e ben delineata fotografia in bianco e nero – che ricorda quella del fotografo della Grande Depressione Walker Evans – connota il film di un’identità quasi senza tempo; pochi sono infatti gli elementi che contestualizzano l’opera nell’attualità decretandola, dunque, come racconto sui generis nel suo mostrare la crisi del soggetto mediante quel personaggio tanto eccentrico quanto oramai fuori dal mondo, interpretato ottimamente da Bruce Dern. Tutto il cast si muove in maniera corale intorno a quest’uomo che nei suoi pochi sprazzi di piena lucidità sembra, a prima vista, fare orecchie da mercante di fronte a qualsiasi consiglio gli venga dato.

Alexander Payne è un abilissimo regista: dietro la macchina da presa gioca con inquadrature fisse all’interno delle abitazioni, quasi a voler sottolineare la staticità dell’ambiente chiuso, e inquadrature maggiormente mobili degli esterni.

Nebraska, nella sua precisa descrizione della provincia americana, si presenta come un road movie ribaltato in cui l’incontro con l’estraneo e la ricerca di una nuova vita vengono sostituiti dalla lentezza nel percorrere le tappe previste e dalla rinnovata coagulazione familiare, intesa doppiamente, sia nel senso più stretto del termine, ovvero come legame di sangue, che in quello più falso, l’interessato parentado. Alexander Payne firma un’opera in cui la testardaggine di Woody e di suo figlio David si configurano non come un’eufemistica e semplicistica riappropriazione redenta del difficoltoso rapporto tra i due, ma come la ricerca di un fioco senso ultimo della vita o, più sottilmente, di un misero bagliore di felicità dagli echi donativi e rimembranti nel lascito (im)-materiale di quel “veicolo” testamentario che prima di passare di padre in figlio è passato di figlio in padre.

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Autore

Lorenzo Cascelli

Ho conseguito la Laurea Magistrale in Estetica nel 2012 con una tesi su "The Tree of Life" di T. Malick e "Melancholia" di L. von Trier presso il dipartimento di Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Caporedattore prima di Arte e Libri e poi di Cinema presso Pensieri di Cartapesta, da Aprile 2014 sono direttore editoriale di Nucleo Artzine.

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