ITALIA IN SCATOLA

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SCATOLE

sceneggiatura e regia di Fauno Lami, Gianpaolo Marcucci

con Fauno Lami, Gianpaolo Marcucci, Maria Sofia Cori, Simone Fraschetti, Carlo Di Clemente, Marco Canestrari

foto di Patrizia Piccioni

 

dal 29 maggio al 3 giugno 2012

Teatro dell’Orologio – Roma

Un uomo in impermeabile si mimetizza tra i cumuli di scatole che lo circondano. È dentro, è in trappola. Italo, il protagonista di Scatole, uno spettacolo–riflessione sull’Italia di ieri, di oggi e forse di domani, si barcamena come può in un mondo che non sembra offrire scampo. Un mondo dominato dalla logica del profitto, che semina promesse che non riesce a mantenere.

Il nostro Italo vive una vita frenetica, tra sirene che impartiscono ordini, dando il ritmo al lavoro, e altre sirene che, con le loro lusinghe, illudono di poter colmare un buco che non si rimargina, un vuoto che può solo essere nascosto sotto l’impermeabile.

Nella scatola scenica, accanto al protagonista, si alternano casalinghe, manifestanti, politici: un campione variegato di un’opinione pubblica che appare un po’ vittima e un po’ complice di quella scatola che negli ultimi cinquant’anni ha contribuito più delle altre a formare e sformare coscienze (la televisione). Accanto ad un valore evocativo, le scatole, si prestano, come oggetto scenico puro, ad essere manipolate dagli attori per diventare di volta in volta cabine elettorali, assi da stiro o sgabelli da talk show.

Politici come banditori televisivi si esibiscono in dibattiti surreali, in un’escalation di promesse assurde che culminano in una calorosa stretta di mano. Siamo di fronte alla rappresentazione di un mondo in cui rossi e neri sembrano davvero tutti uguali. Un qualunquismo stratificato e divenuto quasi una seconda pelle accomuna tutti i personaggi. Impossibile uscirne, se anche chi sembra combatterlo finisce immancabilmente per riproporlo ad un diverso livello.

Lo spettacolo, costruito sull’alternanza di diversi punti di vista, culmina nell’impossibilità, per il nostro protagonista, di dar voce ad un’opinione davvero diversa. Così, alla riapertura del sipario, ritroviamo un Italo invecchiato e rimbambito che beve l’ultima tanica di petrolio rimasta sulla terra.

Per stemperare l’amarezza, o forse per sprofondarci maggiormente, non resta che lasciarsi ammaliare dall’abilità di un prestigiatore che, di fronte ad un’insegna della Banca d’Italia, danza allegramente su un tappeto di contanti, nel cielo blu.

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