Intervista a Daniel Tosi per Note di Cartapesta

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Proponiamo l’intervista rilasciata del maestro Daniel Tosi prima del concerto tenutosi presso la chiesa di San Luigi dei francesi il 18 giugno scorso, prima tappa della manifestazione ArteScienza, organizzata dal CRM-Centro Ricerche Musicali.

Il programma della serata prevedeva due brani di musica barocca, Cinque pièces en concert per violoncello e orchestra d’archi di Francois Couperin (1668-1733) e La follia per violoncello e orchestra d’archi di Marin Marais (1656-1728), e tre brani di Daniel Tosi,  Timitimiti, Phonic design A Ellipse, le singe est mort.

FB/ Quali caratteri, secondo lei, hanno in comune la musica antica e quella contemporanea?

Daniel Tosi/ Un compositore oggi lavora su un materiale musicale moderno, ma ha anche la possibilità di conoscere tutto ciò che hanno realizzato i compositori dal XII sec. fino ad ora. Durante tutta la mia produzione compositiva ho lavorato soprattutto sull’invenzione di nuovi elementi sonori, però le mie attività di direttore d’orchestra e direttore del conservatorio (n.d.r. il M° Daniel Tosi è direttore del  Conservatoire National de Région de Perpignan), mi hanno dato l’opportunità di conoscere opere del passato, come quelle di Machaut, Palestrina, Gesualdo, che mi hanno molto affascinato. Penso sia fondamentale la scelta del materiale, ma anche la componente inventiva deve avere la stessa rilevanza. L’importante è che il compositore faccia qualcosa di personale, originale.

FB/ Ci sono degli aspetti della musica antica che riesce a trasportare nella sua attività di composizione? E quanto la sua composizione influenza la sua attività di direttore d’orchestra?

DT/ Penso, piuttosto, che sia  stata la mia attività di direttore ad influenzare il mio stile compositivo, perché ho studiato tante opere interessanti di tanti compositori. Ultimamente ho fatto un lavoro sulla Messe de Notre-Dame (n.d.r. messa polifonica composta prima del 1365 da Guillaume de Machaut) utilizzando il coro già previsto nella composizione originale, e le percussioni, inserite da me. Tutto l’ordito e il contrappunto originali sono stati rispettati. Machaut non aveva la possibilità di fare questa musica perché non aveva tutte le percussioni disponibili oggi; ho utilizzato duecento percussioni. Ascoltando questa musica si può percepire facilmente la vicinanza con un’opera di Xenakis.

FB/ Quali sono i suoi punti di riferimento nella composizione?

DT/ Innanzitutto Scelsi: la sua “risonanza” ha avuto una grande influenza sulla mia musica. Quando l’ho conosciuto ho scoperto un compositore che era molto vicino non tanto alla scrittura musicale, quanto al risultato sonoro. Anche Ligeti è un mio punto di riferimento, ma lui, al contrario, lo è sul versante della scrittura musicale. Anche Donatoni è molto interessante. Un altro, che è stato per me un amico e maestro, è Ivo Malec. Ancora, Berio, la sua musica può essere ancora un elemento fondamentale nella formazione di giovani.

FB/ Come inquadra l’uso delle nuove tecnologie nella sua produzione musicale?

DT/ Ho lavorato molto con il GRM (n.d.r. Groupe de recherche musicale), per circa 10 anni, e con il gruppo a Brouges. Successivamente, però, il lavoro in studio è diventato un problema, perché la mia attività di direttore d’orchestra e di direttore del conservatorio mi hanno fatto tralasciare in parte l’elettronica in quanto ho avuto l’occasione di lavorare a stretto contatto con i musicisti, cosa che mi interessava di più fare. Di contro, però, ho lavorato in modo elettronico con gli strumenti tradizionali, cosa che mi avevano insegnato a fare Malec, Scelsi e Xenakis, che è, anch’egli, un riferimento per la mia produzione musicale.

FB/ Da cosa nasce l’interesse nel far convivere opere nuove e opere del passato e a cosa può giovare praticare nello stesso luogo, durante lo stesso concerto, musica antica e musica nuova?

DT/ Il mio festival a Perpignan Aujourd’hoi musique è soprattutto un festival di musica nuova. Per il pubblico è interessante l’ascolto di musica diversa dal solito. Non penso si debbano costruire delle frontiere nella musica tra i diversi generi musicali. Quello che mi pare stimolante è non separare, ma mescolare; e il pubblico ha un approccio positivo, apprezza l’ascolto di qualcosa di diverso rispetto a quanto è abituato a sentire in radio. A questi concerti si possono cogliere aspetti differenti della musica.

FB/ Trova che il pubblico abbia delle reazioni differenti nell’ascoltare concerti di musica antica rispetto a concerti di musica contemporanea?

DT/ Si. Al concerto di musica antica gli spettatori conoscono già ciò che andranno ad ascoltare. Il pubblico di musica contemporanea è differente: non sa cosa va ad ascoltare, ma va per conoscere, per allargare i propri orizzonti. È per questo che noi dobbiamo parlare con il pubblico rendendolo più consapevole e spiegare le opere, lasciandogli comunque la libertà di ascoltarle liberamente. L’importante è scoprire cose nuove, differenti. Io penso sia una missione far conosce alla gente il repertorio nuovo. La mia non è una grande orchestra: è un’orchestra di provincia. Purtroppo, però, le grandi orchestre non suonano musica contemporanea. Noi siamo i primi ad eseguire alcune opere di musica contemporanea e ciò mi rende orgoglioso.

FB/ Pensa che esista o si possa indicare una strada verso la quale la musica contemporanea sia attualmente indirizzata?

DT/ I compositori che arrivano sul mercato oggi hanno delle particolarità che spesso, però, sembrano l’effetto di una moda. Ritengo che un compositore debba seguire la sua strada, quella che sceglie lui. Non è individuabile una via particolare ed è meglio così. Quando ho iniziato a scrivere la mia musica, era opinione comune che se un compositore non avesse scritto musica seriale (n.d.r. musica composta con tecniche basate sulla pre-organizzazione di diversi parametri sonori in successioni dette serie) non valeva la pena di essere ascoltato. Questa è una forma di fascismo. Se ci sono differenze c’è possibilità di scelta. Inoltre è necessaria la tolleranza verso le idee di tutti, cosicché ognuno possa fare ciò che pensa.

 

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Autore

Francesco Bianco

Musicista e critico musicale, da sempre interessato all'arte e al rapporto di questa con la vita. Laureato al DAMS e in Musica Elettronica, lavora come compositore, insegnante e redattore.

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