IL BUIO NELLA VISTA (una tragedia negli occhi)

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Il 12 dicembre 1953, a Swale, tre sorelle, cieche dalla nascita, uccidono il padre per difendersi da un abuso sessuale. Scoperte, vengono rinchiuse in un ospedale psichiatrico e affidate alle cure del parroco del manicomio. Le donne si attendono una liberazione, ma le autorità decidono di condannarle a morte. Le parole del parroco si perdono nel dolore della confusa solitudine. È il 12 dicembre 1973 quando egli muore improvvisamente su una sedia. Le tre donne scopriranno il corpo senza vita del parroco grazie all’irruzione di un sordomuto nella loro stanza, ma lui proprio non può comunicarlo.

La non comunicazione, il disagio inarrestabile e tumultuoso delle autorità repressive infervora il Sistema che seppellisce tutte le risorse e le speranze del debole, quel Sistema stesso che illude, filtrando lampi di luce ingannevole. Un manicomio spoglio e sudicio, una ricca e vuota scenografia di letti, di corpi a penzoloni e di spazi siderali fra i dormitori e le mura di un bianco abbacinante, tendente al grigio, si frappongono alle ombre ammonitrici della cura. Quale cura? Quella del Sistema, ovviamente.

Le donne, figlie illegittime di questo Sistema, sbattono i loro corpi l’uno contro l’altro, con le budella appese al muro, nel mezzo delle poche luci che fanno a malapena respirare e dentro la claustrofobia di un gelido incubo che non lascia spazio alla speranza, quando la vergogna è più grande e forte della paura. Ma in quegli occhi spenti si può leggere il terrore di un labirinto vuoto e senza più specchi; riflessi che impiantano la convinzione per cui si è sempre quel che non si vorrebbe essere.

Sospeso e preso nel vortice della messinscena, allarmato dalla surreale e allucinatoria mascheratura visiva – un focus a sprazzi di visioni – lo spettacolo, crudo e ambizioso, è una vera e propria esperienza psico-fisica, persino tattile, in grado di mettere in gioco più sensi nell’atto stesso della visione/sensazione.

Nicola Ragone, coadiuvato dalla tombale voce di Pietro De Silva, allestisce un vero e proprio evento che va oltre il teatro per come lo conosciamo. Le scenografie di Roberto Papi, particolarmente curate, e vero e proprio punto di forza dello spettacolo, fanno piombare il pubblico in una sorta di catalessi apatica, che però inconsciamente avvince.

Quasi verrebbe voglia di rompere gli indugi, slegarsi dall’esiguo spazio assegnatoci dentro le stanze del dolore e correre incontro a quelle anime in pena, per donar loro un po’ di calore e fortificata umana credibilità. Quando si sente questo e a questa sensazione si aggiunge un sentore di tragedia, allora il senso d’impotenza e d’immobilità divampa dentro, ma poi anche fuori da tutto fuorché da noi stessi, muti spettatori di un millenario orrore, spiazzato e sbattuto in faccia su e dentro il corpo, a più riprese, e, in pochi minuti di contrito assenzio, diviene prorompente il desiderio di reazione. Finisce il tempo prima del tempo, per i pazienti/interpreti allergici alle forme asociali e meccaniche, all’interno delle distorsioni latenti perpetrate come cure. La cura cantata da Battiato, qui, si fa acido, quanto di più lontano da una dichiarazione d’amore. Il veleno è sparso ovunque. Gli occhi delle tre pericolose sorelle, tre formidabili attrici (Flavia De Lipsis, Sara Putignano, Federica Flavoni), sembrano impastati dello stesso veleno che, la bravissima Francesca Palmas sputa in faccia al Sistema, chiamando a gran voce presunti uomini e fantasmi del passato.

Queste donne, questi rifiuti della società, non ci stanno a farsi paralizzare, ma il destino di chi strascica nella vita almeno un handicap che non favorisce l’omologazione è quello di omologarsi, con la forza o con la forza. O forse sarebbe meglio dire per forza.

EYES: tragedia della vista

Liberamente tratto dal dramma I CIECHI di Maurice Maeterlink

Presentato dalla Compagnia Tiflos

Regia: Nicola Ragone; Aiuto Regia: Carlo Alessandri

Con: Flavia De Lipsis, Sara Putignano, Annalisa Lori, Francesca Palmas, Stella Novari, Federica Flavoni, Giuseppe Ragone, Maurizio Sacchetti, Bartolomeo Casu, Hermann Sferlazza, Chiara Iommi, Francesco Di Giacomo

Danzatrici: Giuliana Maglia, Elettra Carangio, Anna Sciavilla

Musica: Angelo Vitaliano

Scenografia: Roberto Papi

Voice Off: Pietro De Silva

Costumi: Marina Tardani

Trucco: Gisa Ricci

Elaborazioni Visive: Paolo Maselli

Testi di: Nicola Ragone, Donato Robustella, Giuliano Braga

Dal 29 marzo al 1 aprile 2012 – Teatro di Documenti, Roma

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