The Unknown known

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Dal 16 al 22 Gennaio è in programmazione al Nuovo Cinema Aquila di Roma The Unknown Known, un documentario di Errol Morris sulla controversa figura di Donald Rumsfeld – Segretario della Difesa degli Stati Uniti prima sotto Gerald Ford, poi sotto George W. Bush – attraverso la cui testimonianza il regista ci fa ripercorrere gli ultimi quarant’anni di storia e di politica americana.

 

The Unkown Known, di Errol Morris, Usa 2013, 105’

http://www.ingenerecinema.com/wp-content/uploads/2014/01/The-Unknown-Known-locandina.jpg

Montaggio: Steven Hathaway

Fotografia: Robert Chappel

Produzione: The Weinstein Company, Participant Media, History Films, Moxie Pictures

Scenografia: Jeremy Landman

Musiche: Danny Elfman

The Unknown Known non racconta assolutamente niente che non ci sia già «noto», o quantomeno niente che prima di esso ci fosse clamorosamente «ignoto»: i fatti vissuti in prima persona da Donald Rumsfeld – Segretario della Difesa degli Stati Uniti dal 1975 al 1977 sotto Ford, e dal 2001 al 2006 sotto Bush – non narrano nient’altro che la storia mondiale degli ultimi quarant’anni. L’«ignoto» che il film indaga è piuttosto il regno delle intenzioni, l’universo di categorie che direziona le strategie politiche, la logica che governa il mondo «al di là». Per la durata di circa un’ora e quaranta, l’unico fatto «noto-ignoto» che desideriamo penetrare è l’anima raccontata dallo sguardo, il fondo degli occhi di Rumsfeld.

Inteso sotto questo profilo, più che un documentario storico, quello di Morris appare come un lavoro di interesse psicologico. Non dobbiamo aspettare molto, d’altronde, per renderci conto del progetto che guida l’intera ricerca del regista: attraverso una ben inscenata “partita a scacchi” dialettica, l’intento di Morris è di spingere Rumsfeld verso l’angolo, di smascherare la contraddittorietà delle sue posizioni, di gettare un’ombra sull’ostentata trasparenza del suo operato politico. Non c’è un attimo, tuttavia, in cui l’incontro tra i due si banalizzi in uno scontro di sterili provocazioni: in questo l’autore appare consapevole della complessità dei fattori in gioco e della delicata interpretazione dei fenomeni storici. Più plateale nei suoi scopi ci appare nei momenti in cui contrappone – qui sì, provocatoriamente! – le immagini di repertorio alle dichiarazioni del politico, al fine di smentire con la violenza dei fatti le parziali ricostruzioni del testimone.

Ciononostante, il film conserva il merito di restituire un’immagine enormemente complessa del personaggio. Più che il politico ipocrita che penosamente giustifica le sue colpe, Rumsfeld assume i tratti di una figura sfumata in cui convergono la lucida ragion di Stato richiesta dal suo ruolo e la pesante eredità culturale che condiziona più o meno inconsapevolmente la sua “fin troppo americana” Weltanschauung. In certi frangenti, più che cinico, ci appare come intrappolato nel suo sistema di categorie ermeneutiche, completamente vittima del mondo simbolico cui appartiene.

Se questo gioco di sfumature sia il risultato di un sapiente disegno previsto dalle iniziali intenzioni di Morris, o piuttosto l’esito necessario della spiazzante abilità retorica di Rumsfeld, non ci è chiaro fino in fondo: resta certo che più che assumere l’aspetto di un’inclemente e definitiva condanna dell’uomo e del politico – come tuttavia ci aspetteremmo in un primo momento – il film sposta l’attenzione dall’iniziale denuncia della contraddittorietà delle parole al sospetto di un’intima contraddittorietà delle cose, lasciando in sospeso la posizione pian piano delineatasi nel corso dell’indagine, in questo senso pienamente rispettosa dello spirito enigmatico preannunciato dal titolo.

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Autore

Ludovico Nisi

Studente di filosofia, musicista se capita.

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