Stories We Tell – Il mese del documentario

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Alla Casa del cinema di Roma, nel corso della rassegna Il Mese del Documentario, è stato proiettato Stories we tell, ultimo lavoro della regista ed attrice Sarah Polley. Il documentario ci fa entrare con ironia e delicatezza all’interno della famiglia Polley e ci conduce dalla stabile terra dei legami personali all’incerto mondo delle storie raccontate, aprendoci così verso la riflessione sugli affetti famigliari, sul passato e sul relativismo esistenziale.

Stories we tell, di Sarah Polley, Canada 2012, 108’

Scrittura: Sarah Polley

Narrazione: Michael Polley

Produzione: Silva Basmajian, Sonia Hosko, Anita Lee

Musiche: Jonathan Goldsmith

Montaggio: Mike Munn

Distribuzione: Mongrel Media (Canada), Roadside Attractions (US)

 

In Stories we tell i vari personaggi tentano di riappropriarsi del passato: vorrebbero fare pace con esso e provare ad  illuminarlo per poterlo inserire, una volta privato del fuoco della conflittualità degli eventi che hanno ancora vita, nel discorso logico del presente e trattarlo finalmente come un dato oggettivo di cui poter disporre in modo indolore.

La protagonista implicita del documentario è la stessa regista Sarah Polley, la quale cerca di ricostruire la figura della madre Diane, morta prematuramente a causa di un cancro, e di identificare così le proprie origini facendo emergere i tratti ombrosi che l’hanno ossessionata sin da piccola. La sovrapposizione di interviste-interrogatorio agli altri componenti della famiglia, l’uso di materiali di repertorio e di home video – riprodotti anche tramite finzione cinematografica con l’attrice Rebecca Jenkins nel ruolo di Diane – e  la narrazione portante del padre Michael, figura dalla carica emotiva più elevata,  sono i mezzi con i quali la regista ci conduce alla ricerca di una chiave di lettura per quell’enigma insolubile che sembra essere la storia di Diane.

Siamo trascinati racconto dopo racconto in un vortice di informazioni simmetriche ma ironicamente contraddittorie, nelle quali ogni tentativo di comprensione sicura sfuma in una nuova storia che va ad inficiare la precedente ed il carattere di Diane si frammenta in interpretazioni totalmente differenti. Il ritmo narrativo è scandito da vari piccoli colpi di scena, fino ad arrivare all’ultima grande rivelazione che svela il bisogno di catarsi retrostante l’opera della Polley: la scoperta che il padre biologico di Sarah non è Michael, bensì un produttore con il quale la madre ebbe una storia extraconiugale in un momento di crisi del loro rapporto. Da qui il documentario cambia tinta e si apre ad una serie di profonde riflessioni sul passato, sulla testimonianza, sulla verità, sui legami famigliari e sull’identità delle persone.

La piccola storia di una semplice famiglia diventa l’emblema di ogni tipo di storia raccontata e pone il problema della ricostruzione degli eventi dopo la morte dei loro protagonisti. La verità non può essere raggiunta, sia perché mancano tutti i testimoni, sia perché in fondo non c’è nessuna verità stabile. Una persona non è dotata di un’unica essenza che, dopo essere stata scoperta, la rivela e la spiega in ogni sua azione, ma è calata indissolubilmente nel corso degli eventi immanenti e nella percezione di chi ha accanto. Ogni tentativo di raggiungere quindi una spiegazione definitiva della personalità di Diane da un ragionamento di tipo deduttivo attraverso l’investigazione dei suoi conoscenti è destinato a rimanere una dolce finzione del momento; non a caso molte delle persone coinvolte nei fatti sono attori o comunque fanno parte del mondo dello spettacolo.

Qualcosa di certo però da questa ricerca rimane. L’affetto dimostrato dai vari componenti della famiglia è reale, così come sono reali i legami biologici e culturali che si stabiliscono tra le persone e che contribuiscono a formare le nostre identità. Inoltre raggiungiamo la consapevolezza che il passato non è un qualcosa di concluso definitivamente, ma è un mondo che portiamo al nostro interno e con il quale continuiamo costantemente a dialogare inserendolo sempre e nuovamente nel flusso della vita.

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Autore

Costanza Melchiorre

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