L’OCCHIO INTELLETTUALE DEL DELIRIO: LEGGERE ANTONIN ARTAUD

0

“Che cosa significa avere uno spirito che esiste letterariamente?”

     Così Évelyne Grossman, curatrice dei Cahiers D’Ivry di Antonin Artaud, pubblicati ad ottobre dall’editore francese Gallimard, ha aperto la prima delle due giornate di studio – tenutasi mercoledì 23 novembre presso l’aula Levi dell’Università Sapienza di Roma – dedicate alla ricezione italiana dell’opera dello scrittore francese nel campo delle arti dello spettacolo e della letteratura. Un dilemma icastico, che si fa sempre più vivo nella geniale sregolatezza di Artaud dopo l’uscita dal manicomio di Rodez: un’angoscia esistenziale che deve essere ritualizzata, divorata e trasformata, scoperta.

E questi “quadernini”, scritti tra giugno 1947 e marzo 1948, dipingono proprio ciò: il proliferare in ogni riga di colpi e grida, gesti e voci, in una danza coreografica che tenta la materializzazione di un qualcosa puramente poetico. La curatrice Grossman li intende come la realizzazione più propria dell’isteria del teatro artaudiano: dei suoi Cahiers Artaud è regista e attore, vi interpreta, solo, tutti i ruoli.

La scrittura che ivi compare è nevrotica e frammentaria, inconcludente e ipersensibile, intervallata da disegni privi di contenuto; è allo stesso tempo viva: la pagina così segnata, fa fronte alla stessa violenza psicotica che continuamente lo minaccia e che cerca di esorcizzare con scansioni visive e musicali. Come il teatro di Artaud propone un’isteria espropriante in un gioco scenico di corpi e sensazioni pure che si allungano verso lo spettatore, il quale le tocca e se ne nutre, così le parole dei “quadernini” diventano nuovi corpi per lo scrittore. Allo spazio del foglio e a quello esteriore – da sempre, per lui, luogo del palcoscenico – si sostituisce il legame tra la mano che traccia e i gesti vocali che lo scrittore ha bisogno di sfogare. Questa poesia dello spazio, questa scrittura intrecciata a disegni e pagine bianche, questo mondo interno di una soggettività silenziosamente urlata, è il nuovo teatro della realtà, quello che Artaud così definisce: “è il rigore, è la vita che supera ogni limite e si mette alla prova nella tortura e nel calpestamento di tutte le cose, è questo sentimento puro e implacabile che io chiamo crudeltà”.

I Cahiers, così come la stessa Grossman ce li ha presentati, sono allora il momento in cui il linguaggio, spogliato di significato e logica, è il contraddittorio e penetrante mondo isterico e corporeo di Artaud… chissà che non possa forse smuovere, con la sua potenza evocatrice, le nostre stesse isterie potenziali.

ANTONIN ARTAUD. VARIAZIONI ITALIANE

curatrici M. G. Borelli e L. Dumenil

Roma dal 22 novembre al 4 dicembre, Ambasciata di Francia in Italia, Sapienza Università di Roma, Rai Radio 3, Villa Medici, Accademia di Francia a Roma e Teatro di Roma

Print Friendly, PDF & Email
condividi:
   Send article as PDF   

Autore

Valentina Cucchiaroni

Caporedattrice della sezione Arte di Nucleo Artzine, appassionata della scena artistica contemporanea, ha studiato filosofia teoretica alla Sapienza di Roma.

Nessun commento

Lascia un Commento

Continuando ad utilizzare il sito, l'utente accetta l'uso di cookie. Più info

Le impostazioni dei cookie su questo sito sono impostati su "consenti cookies" per offrirti la migliore esperienza possibile di navigazione. Se si continua a utilizzare questo sito web senza cambiare le impostazioni dei cookie o si fa clic su "Accetto" di seguito, allora si acconsente a questo.

Chiudi