La mia classe

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Tutto esaurito al Cinema Aquila il 15 gennaio per il nuovo film documentario di Daniele GaglianoneLa mia Classe, che riempie tutte le poltrone della Sala1 del cinema. Gran parte degli interpreti sono presenti in sala, increduli nel vedersi proiettati sullo schermo. 

La mia classedi D. Gaglianone, Ita 2013, 92′

Sceneggiatura: Gino Clemente, Daniele Gaglianone, Claudia Russo

Fotografia: Gherardo Gossi

Montaggio: Enrico Giovannone

Suono: Stefano Campus

Scenografia: Laura Boni

Costumi: Irene Amantini

Produttore: Gianluca Arcopinto

Produttore delegato: Valentina Del Buono

Produzioni: Axelotil Film, Kimerafilm, Relief con Rai Cinema, contributo di MiBAC – Direzione Generale per il Cinema con il patrocinio del Ministro per l’Integrazione

L’unico attore de La mia classe è Valerio Mastandrea, nel ruolo di un maestro. Tutti gli altri protagonisti sono gli extracomunitari che affollano di sera le strade del Pigneto. Nell’ultimo film di Daniele Gaglianone le loro vite diventano il perno di una “costruzione” cinematografica che svela la sua architettura per consentire allo spettatore di distinguere ciò che è reale da ciò che è la “rappresentazione del reale”.

La scena d’apertura è, infatti, quella della microfonazione. Fonici, addetti al suono e lo stesso regista sono per una volta di fronte alla macchina da presa e noi li conosciamo per gradi, insieme ai personaggi. Siamo in una scuola serale, in una classe di variegate etnie, di differente età e sesso. Ci sono tutti gli elementi che appartengono alle classi scolastiche e tutti quelli che invece connotano questa di colorata atipicità.

L’uomo egiziano che dice di esser un barbiere, la signora ucraina che afferma di essere una badante in un role play, il ragazzo bangladese che confonde la geografia di Asia e Africa, il “so-tutto-io” che si alza in piedi ogni volta che sa qualcosa, il giovane che ha ancora difficoltà a leggere come gli altri, la ragazza nigeriana con le treccine: un’orchestra di strumenti inconsueti eppure perfettamente armonici, musicati da un maestro che è anche uno straordinario interprete.

Che ci sia interpretazione a volte lo spettatore è portato a dimenticarlo, rovesciato com’è nelle storie, nelle vite, nell’ironia spicciola e tagliente e nelle speranze dei protagonisti. Eppure il regista e la troupe sono sempre pronti a ricordarcelo: ecco, allora, inserite scene “meta-cinematografiche” in cui al maestro viene chiesto di salire più volte le scale, così come di fingere di incontrare gli allievi arrivati in anticipo a lezione. E poi vediamo l’eliminazione dei rumori di sottofondo che graffiano i microfoni, le prove di voce e tono per rendere più chiaro il parlato colorito di tutti gli accenti possibili.

Eppure, ciò che davvero riesce a trascinare nel film è la solarità di quegli uomini e donne arrivati a Roma carichi di speranze che troppo spesso restano deluse da contratti di lavoro mortificanti, dai problemi nel rinnovo dei permessi di soggiorno, dalla difficoltà di esprimersi in una lingua diversa dalla propria.

«Oggi parliamo di lavoro, chi di voi conosce Portaportese?»… le mani scattano tutte in aria. E chi guarda sorride delle prove di conversazione con ipotetici datori di lavoro che il maestro impone come compito per esprimersi e presentarsi al meglio delle proprie possibilità. «Io vivo a casa – Mi sento a casa – Sono di casa»: è davvero così facile per noi avvertire le sfumature di significato di queste tre frasi? Quanto riusciamo a far sentire a casa chi ha lasciato la sua e ora vive in un’abitazione nuova, lontano dalle sue origini in un mondo diverso da come se lo aspettava? La mia classe risponde a queste domande e riesce a porne altre nella mente dello spettatore. Daniele Gaglianone ha saputo trovare il giusto canale di comunicazione per chi non parla ancora la stessa lingua, ma riesce a far arrivare in maniera molto chiara il proprio messaggio.

 

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Redazione

5 commenti

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        “Il barbiere egiziano, la badante ucraina, il gruppo iraniano che confonde la geografia di Asia e Africa, il “so-tutto-io” che si alza in piedi ogni volta che sa qualcosa, il giovane che ha ancora difficoltà a leggere come gli altri, il russo un po’ polemico, la senegalese con le treccine: un’orchestra di strumenti inconsueti eppure perfettamente armonici, musicati da un maestro che è anche uno straordinario interprete.”

        Il ragazzo che confonde Asia e Africa è del Bangladesh (bangladese), Easther è nigeriana e non senegalese e mi pare che non ci sia nessun russo. Poi a dire il vero l’egiziano dice di essere un barbiere e la signora ucraina di essere una badante in un role play, quindi non se sia vero.

        Grazie per l’attenzione! 🙂

        • Lorenzo Cascelli
          Lorenzo Cascelli il

          Gentilissimo Paglyy,

          la ringraziamo per le precisazioni sulle nazionalità dei protagonisti. È nostro dovere essere sempre fedeli all’opera e, in questo caso, alla sua diretta testimonianza. Ci scusiamo ancora per le inesattezze precedenti, ora corrette all’interno dell’articolo.
          Cordiali saluti.

  1. Pingback: Cinema | Pensieri di cartapesta

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