Intervista a Fabio Massimo Franceschelli

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Fabio Massimo Fransceschelli è autore di drammi, commedie, monologhi e adattamenti. Debutta come regista nel 1995 mettendo in scena l’adattamento di una novella di Boccaccio. Dal 1996 lavoro con la compagnia romana OlivieriRavelli_Teatro, prevalentemente nell’ambito della ricerca teatrale e della drammaturgia contemporanea. Ha diretto lo spettacolo XXX Pasolini all’interno del Festival Roma RIParte.

 

Pietro Dattola: Come mai la scelta di incarnare Pasolini in una borgatara di oggi?

Fabio Massimo Franceschelli: Ognuno ha il suo Pasolini. Il mio, quello che mi ha sempre colpito, è il Pasolini antropologo, quello che gira le borgate romane alla ricerca di un se stesso che sente di aver dentro ma che non riesce a trovare perché sepolto da pensieri e consuetudini borghesi. Il borgataro romano è l’oggetto di questa ricerca pasoliniana. E’ l’ex contadino – o il suo figlio, o il suo nipote – che si è urbanizzato, un’urbanizzazione particolare fatta di volgarità proletaria, povertà materiale, dignità contadina, desideri borghesi. E’ il frutto maturo di quel famoso genocidio culturale perennemente narrato da Pasolini. In Petrolio, poi, l’attenzione che Pasolini dedica agli abitanti delle borgate estende le sue radici anche alla sfera sessuale, che in lui è omosessuale. Petrolio è carico di metamorfosi sessuali – di genere, intendo -, transizioni dal maschile al femminile. Nel personaggio interpretato da Carlotta Piraino ho voluto condensare questa doppia specificità, borgatara e sessualmente ambigua. E’ un personaggio femminile che di sé parla in termini maschili. E’, insomma, una sorta di Ninetta Davoli dei giorni nostri che si fa carico di esporre il pensiero di Pasolini. E ciò che mi attrae nel suo personaggio è proprio questa convivenza/distanza tra la sua figura di “pischella coatta” e lo spessore intellettuale di quel che dice in scena.

P.D.: Al di là delle origini storiche, un’opera nasce da un’urgenza, più o meno cosciente. Qual era la tua? Con che intento riproponi i contenuti di PPP oggi?

F.M.F.: Pasolini è attualissimo perché il meccanismo socio-antropologico dell’omologazione verso la forma mentale e materiale piccolo-borghese – meccanismo da lui così tanto e bene descritto negli anni ’60 e ’70 – è ancora oggi in atto. Non riguarda più gli emigrati regionali italiani ma gli extracomunitari, i nuovi sottoproletari che recidono le loro radici per entrare nell’omologazione urbana occidentale, dazio da pagare per acquisire un’identità valida nel sistema capitalistico, l’unica identità a cui per ora possono aspirare.

P.D.: Istintivamente, mi verrebbe da dire che la frammentarietà del tuo testo ricalchi quella della principale opera ispiratrice, Petrolio. E’ così? Come sei arrivato a questo risultato?

F.M.F.: Purtroppo vanno considerati ben quattro livello di frammentarietà. Due riguardano Petrolio e due il mio adattamento. Il primo livello è strutturale a Petrolio. Pasolini non voleva un romanzo lineare ma l’aveva progettato secondo una forma affatto differente. Immaginava un lungo ragionamento della voce narrante sulla vita di Carlo Valletti – chiaramente un suo alter ego -, vita a sua volta basata sul ritrovamento di una serie di manoscritti del Valletti stesso incompleti e discordanti tra loro. Un po’ come quando il mitografo ragiona su versioni discordanti dello stesso mito. Il secondo livello sta nell’improvvisa morte di Pasolini che ha troncato orizzontalmente la stesura di tutti i capitoli del romanzo. Ecco quindi una miriade di linee narrative che si intrecciano e improvvisamente muoiono nel nulla. Poi c’è il terzo livello, e riguarda l’adattamento teatrale che sceglie alcune scene e altre le scarta. E’ una scelta difficilmente razionalizzabile, è istintiva, poco ragionata, alcune cose mi colpiscono e altre no, alcune cose le trovo adatte al teatro e altre no. Infine, ultimo livello, lo spettacolo fatto al Piccolo Eliseo è uno studio privo ancora di alcune scene, in particolare privo della prima e dell’ultima scena. Quando avrò l’opportunità di debuttare con continuità in un teatro, proporrò lo spettacolo completo, che durerà circa 20 minuti in più di quello a cui tu hai assistito. Mi rendo perfettamente conto che la fruizione del lavoro è complicata, soprattutto per chi non ha letto Petrolio. E quando uno spettatore alla fine dello spettacolo mi dice non è che c’ho capito molto io allargo le braccia e sconsolato gli rispondo ti capisco. Spero comunque che almeno una sorta di tono complessivo e omogeneo e chiaro emerga comunque anche da questo studio.

 

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