I’M A CELEBRITY

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Henry Sutton è scrittore ingegnoso, arguto e imprevedibile, che fa di Matt Freeman, il protagonista del suo romanzo, un individuo detestabile. Il classico tipo che caccereste via a calci se malauguratamente capitasse nel vostro negozio. La pignoleria maniacale con cui sceglie gli occhiali nelle prime pagine del libro, aggravata da un esasperato gusto estetico e una folle ossessione per i brand items, introduce la sua personalità meglio di qualunque altra esplicita descrizione. Che c’era di male in un po’ di elegante ambizione, un po’ di sfarzo alla faccia della recessione? Lui è cool e adora il lusso, il vino e le donne raffinate tanto quanto detesta le persone in sovrappeso, la puzza, il degrado, la stupidità.

Matt Freeman è un paranoico pericoloso, affetto da deliri persecutori e allucinatori. Non smette mai di riflettere, vomitando pensieri in un continuo flusso di coscienza, interrotto solo raramente da assurde conversazioni con persone reali. E’ un disadattato che vive in questo mondo come un ospite insoddisfatto, consolandosi con fantasie di successo (è un business manager in affari con la Corea del Nord) e perversioni erotiche. La sua mente ondeggia tra uno squallido esistente e un brillante immaginario, il cui confine è più che mai sfocato. Matt si perde pezzi di presente. Perché mi sentivo sempre così in colpa ogni volta che vedevo uno sbirro? Non si rende conto, non ricorda. A volte persino lui stesso si stupisce del funzionamento della sua mente.

In questo vortice di psicopatiche riflessioni, in cui non manca l’elemento sordido e violento, si viene risucchiati, tramortiti da sensazioni di chiaro dissenso. Ma non solo. Benché psichicamente labile e moralmente condannabile, il protagonista sorprende con inaspettati sprazzi di intelligenza e lucidità. I suoi ragionamenti, per quanto spietati, a volte non fanno una grinza. L’unico aspetto problematico, in questi casi, è il timore di avere, anche noi, qualche rotella fuori posto. Lo svitato non manca neanche di senso dell’humour, spia di un’acuta perspicacia. Giacca rossa, gonna arancione, calze verdi. Andava di moda il semaforo?

Proprio in questa ambiguità, che lo rende inafferrabile, risiede la palese differenza con altri thriller psicologici stile American Psycho: nonostante ci si concentri, in entrambi i casi, sulla descrizione delle dinamiche interiori di un individuo disturbato, e non sugli accadimenti da lui stesso provocati, non c’è più una distinzione netta tra bene e male, tra Dott. Jekyll e Mr. Hyde, tra le due personalità in cui è scisso Patrick Bateman. Tutto è amalgamato in modo enigmatico, nella mente e nella coscienza del protagonista. Matt evade dal reale con la sua schizofrenia, ma Roger, suo unico amico, nonché emblema dell’uomo medio e mediocre, non è da meno. Io almeno potevo essere grato di non dover continuamente ingannare e tradire una come Emily. Di non dover mangiare pasticcio di carne tutte le sere e mantenere due ragazzini affetti da deficit dell’attenzione. Dove risiede davvero la follia? Nella mente di un serial killer –vero o presunto che sia– o in quella di migliaia di inglesi che, ogni giorno, seguono inebetiti trasmissioni del tipo I’m a celebrity… Get me out of here?

L’autore non manca di disseminare, nella sua opera, forti elementi di critica sociale, attraverso gli occhi deliranti del protagonista, per esprimerli con un liberatorio tocco di sarcastico cinismo. Matt, rispetto agli eccessi di una società sempre più dissociata, sembra guadagnarsi il suo riscatto. Avere legami, sentirsi al sicuro, essere innamorato, era questa la vera essenza dell’esistenza. Volevo la realtà, volevo l’autenticità. Proprio come chiunque altro, volevo amore e conforto. Sembrerebbe quasi credibile, se non fosse per una domanda che continua a martellarci nel cervello: che fine hanno fatto Fran, Bobbie, Mia, Jeanette, Suze e il fratello Sean? 

TIRATEMI FUORI DI QUI

Di Henry Sutton

Edizioni e/o, Roma 2012

Traduzione dall’inglese Nello Giugliano

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