Il tempo presente

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Incertezza, insoddisfazione, disillusione, tante domande e ben poche risposte. Questo raccontano i fondi di caffè della regista turca Belmin Söylemez. Il suo film, Il tempo presente, è stato proiettato al Multisala Barberini il 28 Settembre nel corso della terza edizione del Film Festival Turco di Roma, presieduto da Ferzan Özpetek.

 

Il tempo presente di Belmin Söylemez, Turchia 2012, 110’

Sceneggiatura: Belmin Söylemez, Hasmet Topaloglu

Fotografia: Peter Roehsler

Montaggio: Ali Aga

Musica: Cenker Kokten

Produzione: Hasmet Topaloglu

Cast: Sanem Öge (Mina), Senay Aydin (Fazi), Ozan Bilen (Tayfun)

 

Il tempo presente è una storia che si ispira all’esperienza personale della regista Belmin Söylemez, come racconta lei stessa intervistata da Ferzan Ozpetek prima della proiezione del film. In realtà, quella che viene raccontata in questo film è una vicenda nella quale potrebbero rispecchiarsi moltissimi giovani d’oggi che, delusi dalle poche prospettive per il futuro che il paese d’origine può offrir loro, sognano di andare all’estero per cambiare vita.

Mina, questo il nome della protagonista, è una ragazza che si trova in una condizione precaria; non riesce a trovare lavoro e potrebbe essere sfrattata di casa da un momento all’altro. Parallelamente alla ricerca di un’occupazione, Mina coltiva il sogno di lasciare il proprio paese, la Turchia, per andare in America. Ottenere il visto, però, non è così semplice; bisogna compilare questionari con domande particolari, presentare documenti sul proprio lavoro e sulla propria situazione economica e mettere da parte una cifra di denaro sufficiente per il viaggio. Dopo numerosi tentativi, Mina viene assunta in un caffè come chiromante e comincia a leggere i fondi di caffè dei clienti. La lettura dei fondi si rivelerà per la protagonista nient’altro che una lettura di se stessa e, attraverso le conversazioni con i clienti, comincerà ad emergere qualcosa sul passato e sullo stato d’animo di questa ragazza così riservata e silenziosa.

“I film turchi sono lenti” si sente mormorare in sala, ma perché la lentezza deve essere considerata un difetto? Le inquadrature fisse e lunghe, i silenzi, i tempi morti, sono qualcosa di inconcepibile per una generazione abituata al bombardamento continuo di immagini e ad un ritmo di vita frenetico come il nostro. Il silenzio, l’immobilità, ci obbligano a pensare, a riflettere su quanto quello che accade a questa donna sia simile a quello che accade a noi. Quando Mina è seduta al tavolo della sua cucina, bevendo caffè e guardando fuori dalla finestra con sguardo malinconico, noi sappiamo cosa pensa. La sua disillusione e la sua solitudine sono anche le nostre, non c’è bisogno di parole.

Questo tempo immobile, che non sembra passare mai, è il tempo presente, ed è esattamente quello in cui viviamo tutti noi. Attraverso questo tipo di regia, Belmin Söylemez rende perfettamente l’atmosfera di attesa, di continua tensione verso un futuro che non arriva mai, del susseguirsi delle giornate tutte uguali nella speranza che qualcosa cambi. La protagonista è intrappolata in questo tempo presente che sembra prolungarsi all’infinito, mentre il passato rappresenta il dolore e la delusione ed il futuro è avvolto nell’incertezza.

 

 

 

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Autore

Marta Palamidessi

Laureata in Letteratura Musica e Spettacolo. Studentessa di Editoria e Scrittura.

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