BIG STUDIOS AGE – HOWARD HAWKS: IL GRANDE SONNO

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Regia: Howard Hawks

Soggetto: Raymond Chandler

Sceneggiatura: William Faulkner, Leigh Brackett, Jules Furthman

Direttore della fotografia: Sid Hickox

Scenografia: Carl Jules Weyl

Montaggio: Christian Nyby

Musiche: Max Steiner

Cast: Humphrey Bogar, Lauren Bacall, John Ridgely, Martha Vickers, Dorothy Malone, Regis Toomey

Produzione: Warner Bros.

Durata: 114’

Anno: 1946

Tutto si può dire, tranne che la trama sia semplice. La coppia Chandler-Hawks unisce una grande mente letteraria a una grande regia creando così la giusta trasposizione cinematografica di uno dei primi veri e propri romanzi polizieschi di qualità degli anni ’40.

Film del 1946, tratto dall’omonimo libro di Raymond Chandler di circa dieci anni prima, racconta la storia dell’investigatore Philip Marlowe, interpretato da Humphrey Bogart, alle prese con un’indagine riguardante un tentativo di ricatto ai danni della ricca e stravagante famiglia Sternwood.

Una parola, e non solo una, va alle donne di questo film. Raccontate magistralmente da Chandler, sul grande schermo prendono vita grazie alla grande Lauren Bacall, nei panni di Vivian Sternwood, e Martha Vickers, nel ruolo di Carmen Sternwood. Soprattutto Lauren Bacall, come si sa unita sentimentalmente a Bogart, ha un ruolo di spicco nel film, controllando, con grazia accattivante, le redini della storia intrecciata ai suoi innumerevoli misteri.

Nessuno poteva interpretare meglio questo investigatore del grande Bogart: la sua immancabile sigaretta e la sua incontenibile classe ricreano esattamente la tipologia di detective che ogni lettore del romanzo si era immaginato di veder rappresentato. Gli influssi del cinema muto, a cui si era lungamente dedicato il regista all’inizio della sua carriera, si fanno sentire: insistenti silenzi ricchi di azione visiva, intervallati da conversazioni rapidissime e intense, sembrano essere corollario di una colonna sonora – opera di Max Steiner – che accompagna e, ogni tanto, svela l’evolversi dei fatti.

Hawks, con il suo stile asciutto e diretto, qui si allontana dalla sua croce “terribilmente fortunata” di Scarface – Lo sfregiato, del 1932, per dedicarsi a un poliziesco a tinte forti, noir per via di quest’atmosfera lugubre che, solo a tratti, sparisce. Viene da pensare all’Amleto di Shakespeare in alcuni punti: là dove c’era il teatro nel teatro, Hawks qui fa del cinema nel cinema portando lo spettatore ad assistere il detective, il quale a sua volta, in alcuni momenti assiste ad altre scene, impassibile come se stesse guardando un film. Il regista racconta la storia e se ne tira fuori allo stesso tempo: oggettivo direttore d’orchestra lascia che la trama si srotoli in modo autonomo e che segua il suo destino. Ogni tanto ci fa soffermare su qualche dettaglio, giusto per aiutarci e per suscitare l’empatia con il buon detective. Marlowe del resto incarna una tipologia di personaggio molto caro a Hawks: è un uomo forte e solo, piace alle donne, ma non sembra che il suo interesse possa andare oltre il semplice divertimento.

Un susseguirsi di morti concatenate coinvolgono lo spettatore e si ha sempre l’impressione che Marlowe sappia più di quanto non dice. Tecnica pericolosa, se ci si immedesima nel detective, ma determinante per incollare il pubblico allo schermo.

Il Grande Sonno rientra così perfettamente nella macro-categoria del cosiddetto cinema narrativo classico americano: si parla infatti di Hawks e lo si definisce regista invisibile, capace al contempo, di mettere lo spettatore al centro, come se la telecamera seguisse il suo occhio.

 

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