Armi, un affare di stato

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«Come mai in un’epoca di crisi e tagli pesanti alla cittadinanza non c’è un dibattito forte, serio e aperto sull’opportunità o meno di spendere miliardi di euro in nuovi armamenti?». A sollevare la questione e a proporre una valida alternativa ci pensa Chiarelettere con Armi, un affare di Stato di Facchini, Sasso e Vignarca.

 

 Titolo: Armi, un affare di Stato

 Autori: Duccio Facchini, Michele Sasso, Francesco Vignarca

 Editore: ChiareLettere 

 Anno I ed.: 2012

Ogni pubblicazione di Chiarelettere si può scegliere tranquillamente ad occhi chiusi, a patto di volerli tener ben aperti su tutto quello che succede attorno.

Come mai, ad esempio, è in corso una guerra in Siria che uccide quotidianamente decine di civili mentre le grandi potenze solitamente così celeri ad armarsi restano inermi? Perché il popolo greco manifesta così violentemente contro un governo che non è in grado di pagare stipendi e pensioni? Forse perché ha in previsione una spesa di 7 miliardi per la difesa militare? Chi ha armato e represso la primavera araba? Cosa rende la Libia nazione amica e nemica a fasi alterne?

E per restare a casa nostra, quali interessi si celano dietro l’acquisto di cacciabombardieri obsoleti, inoti F35 per cui il governo spenderà l’esorbitante cifra di 17 miliardi di euro, mentre taglia altrettanto spropositatamente su sanità, istruzione e welfare?

A questi e ad altri quesiti rispondono Facchini, Sasso e Vignarca in Armi, un affare di Stato. Dati alla mano, i tre giornalisti ci spiegano con lucidità come avvenga il commercio -e il traffico- di armi, quali siano le leggi nazionali ed internazionali che ne regolano il flusso. Chi produce, chi vende e chi usa. Quale sia il ruolo nei più tragici scenari di guerra mondiali del nostro belpaese, nazione che sulla carta ripudia tuttora la guerra.

Se ne deduce il già consolidato sistema in cui potere politico ed economico colludono nelle istituzioni e come burattinai dietro le quinte tirano i fili dell’esistenza di intere popolazioni. Letteralmente. Perché mettere una beretta nelle mani di un bambino significa realmente decidere della sua vita.

Ma il testo non si limita ad essere ad essere un pamphlet accusatorio. L’intento è un altro. Senza utopia e facili buonismi, ci mostra come si potrebbe concretamente spendere i soldi sottratti ai cittadini per i cittadini stessi, così da risolvere il nostro “piccolo” problema degli esodati, o la ben più grave condizione della popolazione affamata del Darfur. Perché ciò sia possibile serve innanzitutto risvegliare una coscienza civile che abbia gli strumenti per vedere là dove i poteri forti occultano, e la forza di non accettare passivi che le nostre vite e le altrui morti siano decise da giochi ed interessi a noi estranei.

Armi, un affare di Stato centra in pieno l’obiettivo.

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Redazione

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