24 ore nella vita di una donna

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Donzelli Editore ripropone una novella pubblicata per la prima volta nel 1927 dallo scrittore austriaco Stefan Zweig24 ore nella vita di una donna, in un’edizione impreziosita dalle diciassette tavole a colori disegnate dalla mano del grande Federico Maggioni. Quello che, con l’ipnotismo vorticante di una roulette, rimbalza il lettore tra alberghi, casinò e scandali della buona società del primo novecento, non è un semplice tuffo nel passato. Zweig dà vita al velocissimo giro su una giostra di passioni che non hanno né tempo, né luogo, e finiscono così per restare attuali, sempre.

 

 

Titolo: 24 ore nella vita di una donna.

 Autore: Stefan Zweig.

Casa editrice: Donzelli Editore.

Anno: 2013

Costa Azzurra, primi anni venti. Uno scandalo travolge la sonnolenta quotidianità di una pensioncina sulla Riviera. L’irreprensibile Madame Herriette, madre e moglie esemplare, fugge con un bellimbusto francese conosciuto pochi giorni prima in hotel. La tavolata degli ospiti si ritrova con un argomento di conversazione più succulento che mai. La maldicenza insiste, batte la lingua sul tamburo e la condanna per Madame Herriette è praticamente unanime. L’unica assoluzione arriva proprio dalla voce narrante del protagonista/autore che scandalizza la platea sostenendo che: «Se si rifiuta l’evidenza che in taluni momenti della sua vita una donna cede a forze misteriose al di là del proprio volere e consenso, non si fa altro che mascherare la paura dell’istintualità, ovvero della componente demoniaca della nostra natura, anzi pare che che taluni individui si compiacciano a credersi più forti, più morali e più puri delle sedicenti “nature cedevoli”. Personalmente, trovo più onesto che una donna segua liberamente e appassionatamente il suo istinto anziché, come in genere accade, ingannare il proprio marito fra le sue braccia tenendo gli occhi chiusi […]». Così dicendo, l’uomo finisce per inimicarsi tutti gli altri villeggianti, alfieri di una morale tanto arcaica quanto attuale.

Il suo intervento finisce per innescare la chiave di volta della narrazione. Colpita dalle sue parole, un’anziana gentildonna inglese ospite della pensione, decide di affidare proprio al narratore/protagonista la sua confessione, il racconto delle ventiquattro ore che sconvolsero le fondamenta della sua vita in una scossa di passionale follia.

La voce narrante diventa così quella di Mrs. C. che racconta di come, tanti anni prima, un imprevedibile destino l’aveva portata a scrollarsi di dosso gli aridi legami benpensanti tanto cari al suo ambiente. L’imprevedibile giorno della sua vita in cui ha messo da parte tutto per assecondare il desiderio disperato di salvare un uomo dall’abisso del gioco d’azzardo. Ventiquattro ore in cui una – fino a quel momento – irreprensibile vedova della migliore società inglese, perde la testa per un giovane conosciuto nel casinò di Montecarlo, attirata dall’animalesco magnetismo di due mani contratte dalla tensione del gioco.

Benché scritto negli anni venti, quello che colpisce di questo libro è proprio l’attualità di una questione morale trattata con sorprendente modernità. Le reazioni scandalizzate degli ospiti della pensione non sarebbero molto diverse da quelle che uno scandalo di simili proporzioni susciterebbe anche più di ottanta anni dopo. Nei riguardi del tradimento si arriva ad un più che raro rovesciamento dei binomi che spesso giudicano l’uomo traditore come un simpatico mandrillo e la donna traditrice come una diabolica sgualdrina. Tuffandosi subito nelle pagine del libro senza buttare un occhio alla breve nota biografica dell’autore posta in copertina, il lettore potrebbe tranquillamente pensare di trovarsi davanti ad uno scrittore dei giorni nostri, magari con uno stile forzatamente antiquato, ma quanto mai efficace.

24 ore nella vita di una donna si pone quindi come un vivido affresco della condizione della donna all’interno del tipico moralismo occidentale, spaziando tra l’imprevedibilità del destino e l’incontrollabile forza che fa scaturire i sentimenti. La storia non si chiude con una sentenza moralizzatrice ma con un baciamano che sancisce così l’opinione dell’autore che può tradursi solo nel più nobile rispetto per i sentimenti e la figura femminile.http://www.pensieridicartapesta.it/wp-content/themes/editorial_old1/includes/woo-column-generator/js/img/trans.gif

 

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Autore

Nicola Salerno

Sceneggiatore e regista. Ha frequentato il Master in Drammaturgia & Sceneggiatura presso l'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica Silvio d'Amico e si è laureato in Arti e Scienze dello Spettacolo presso l'Università La Sapienza di Roma con una tesi su INGLORIOUS BASTERDS di Quentin Tarantino.

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