Romaeuropa Festival 2013: Daria Deflorian e Antonio Tagliarini, Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

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Daria Deflorian e Antonio Tagliarini hanno presentato Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni, all’interno del Festival Romaeuropa, presso il teatro Palladium di Roma 

Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni

Un progetto di: Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
Con: Daria Deflorian, Antonio Tagliarini, Monica Piseddu e Valentino Villa
Luci:Gianni Staropoli
Consulenze per le scene: Marina Haas
Produzione: 369 gradi, Planet3 & Dreamachine
Coproduzione: Romaeuropa Festival 2013, Teatro di Roma
Residenze artistiche: Centrale Fies, Olinda, Angelo Mai Altrove Occupato, Rialto Sant’Ambrogio, Romaeuropa-Teatro Palladium, Teatro Furio Camillo, Carrozzerie_ n.o.t.
Organizzazione: Filipe Viegas, Francesca Corona per PAV/Diagonale Artistica
Comunicazione e ufficio stampa: Filipe Viegas, Emanuela Rea per PAV
Dal 7 al 10 novembre 2013 – Teatro Palladium, Roma

Vai al sito del festival: www.romaeuropa.net

La coppia Tagliarini/Deflorian con Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni, inserito in Romaeuropa Festival 2013, ammalia e sorprende per la realtà del messaggio che decide di portare in scena.

A colpire subito lo spettatore è il raffinatissimo lavoro drammaturgico che regge i 75 minuti di lavoro.

Siamo circondati da storie diverse che si amalgamano meravigliosamente per raccontare due facce della crisi che attanaglia la nostra società, quella artistica e quella sociale. Le azioni che avvengono sul palco mostrano un continuo intersecarsi di queste due linee drammaturgiche, che risultano essere chiare e ben equilibrate tra loro.

La problematica delle idee nella creazione di un lavoro diventa il tramite per raccontare la storia di quattro donne che vivono la crisi greca dell’ultimo periodo e decidono di morire insieme, per lasciare allo Stato i soldi delle loro pensioni. Un gesto di altruismo estremo nei cuori di persone che ancora credono nell’Istituzione.

Le parole degli interpreti sono semplici e spietate, vengono pronunciate nella cornice di una scena nera, desolante, illuminata solo da una fastidiosa luce al neon.

L’impianto musicale è quasi totalmente assente come il disegno luci e, tuttavia, sarà l’attenzione alla questione cromatica, al colore, che fornirà la scossa emotiva più importante.

La parte iniziale è costruita con attenti monologhi di preparazione, di spiegazione del disagio che scorre tra le perplessità della vita quotidiana di un artista, le domande, le speranze e la crisi esistenziale dell’essere umano che si esplica nella vicenda delle quattro pensionate greche. Con lo scorrere del lavoro i quattro singoli si amalgamano in confronti e discussioni che portano l’energia ad elevarsi e a caricarsi degli stimoli necessari per comprendere la gravità del messaggio.

Vengono snocciolati nomi e cognomi delle pensionate in questione, si riproducono i dettagli della casa dove sono morte, la scena del loro abbandono, gli oggetti che le circondavano e  su tutto ciò viene fatta una riflessione profonda, vengono donati mille spunti che si rifanno ad un unico perché.

Questo è un lavoro che andrebbe visto da tutti coloro che ancora credono nell’essere umano e credono profondamente che la condizione attuale abbia ben poco a che fare con l’uomo, da quelli che credono che questa crisi sia  «più nera del nero», ma che l’arte sia un mezzo per cercare di risolverla.

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