Balletto Civile – Col sole in fronte

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Il collettivo nomade di performers Balletto Civile è in scena al teatro Argot di Roma dove ci presenta Col sole in fronte.

Col sole in fronte

Ideazione, drammaturgia e scene: Maurizio Camilli

Scrittura fisica e messa in scena: Michela Lucenti

In scena: Maurizio Camilli, Ambra Chiarello

In collaborazione con: CSS Teatro Stabile di Innovazione del FVG

Con il sostegno di: Opera Estate Festival Veneto, Vortice – Teatro Fondamenta Nuove, Centro Culturale Dialma Ruggiero (La Spezia)

1 novembre 2013 – Teatro Argot, Roma

 Vai al video dello spettacolo su E-performance

Il lavoro ideato da Maurizio Camilli, andato in scena presso lo storico teatro Argot di Trastevere presenta, con vena polemica, una delle modalità del vivere a cui i giovani del nostro tempo sono destinati.

Si tratta di un monologo parlato e danzato, di una one man story, che dalle  apparenze di una vita agiata,  approda  alle problematiche della stessa.

Il protagonista si rivolge al pubblico raccontando cosa pensa della propria condizione. Parla della sua vita da giovane rampollo del nord est italiano, lo fa con estrema sfacciataggine, sorseggiando qualcosa e fissando lo spettatore dritto negli occhi, elegante nei suoi abiti bianchi.

I discorsi sono pieni dei suoi racconti quotidiani, del suo rapporto familiare, amicale e sentimentale e sono intervallati o supportati da movimenti scenici che sottolineano lo stato d’animo dell’ideatore.

Oltre a lui in scena, la bravissima Ambra Chiarello, cameriera silenziosa, figura discreta ma presente, sia per il contributo tecnico che per l’importanza drammaturgica: si mostra come una  coscienza in carne ed ossa da contrastare, per il momento.

Gli spezzoni di vita raccontati da Maurizio sono tramite di riflessione a proposito di pensieri comuni ad una gran porzione del nostro popolo, spunti che sottolineano e ricordano l’apparenza, l’estetica e tutto ciò che è esterno all’uomo. Così con essi è inevitabile domandarsi cosa resta di noi tolto l’abito che indossiamo normalmente.

Lo spettacolo, incastonato in una scena intima e quasi asettica, è curato nei minimi dettagli. I movimenti scenici di Michela Lucenti amplificano il contrasto tra i due personaggi e ne fanno un lavoro che si pone a metà tra la recitazione e il movimento; non risulta perciò un monologo classico, canonico.

La scelta musicale dialoga con l’interprete e, insieme al semplice ma ottimo disegno luci, contribuisce allo scorrere della piéce  e ad un radicale, ma non evidente, cambiamento.

Arriva infatti il momento in cui il protagonista muta: invece del rampante giovane, quest’ uomo appare con gli occhi dell’abbandono, della solitudine e del disagio esistenziale.

I due personaggi riescono ad assomigliare alla famosa Pietà michelangiolesca: senza più la forza di vivere il proprio fuori, ma forse, senza l’energia per cercare nel suo dentro.

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