W. Wenders | Urban Solitude

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Woman_in_the_Window

Woman in the Window, USA, 1999, C-Print, cm 124 x 151

Artista Wim Wenders 
Titolo Urban Solitude
Curatrice Adriana Rispoli
Dove Palazzo Incontro, via dei Prefetti 22 
Quando 18 Aprile – 6 Luglio 2014
 

Gli istanti racchiusi nelle fotografie analogiche di Urban Solitude hanno una sorta d’intrinseca eternità nella loro fortissima aderenza al reale: esse sembrano inventare un’altra temporalità, violenta nel suo silenzio – The Old Jewish Quarter –, che rammemora il passato con le sue macerie sbiadite e sedimentate – Eternal friendship with the people of the Soviet Union – incapsulandolo in paesaggi urbani del presente e dalle sembianze paradossalmente desertiche.

Quella di Wim Wenders è una continua ricerca di spazi cittadini intrisi non di storie, ma della Storia. Più che un interprete, egli si sente un testimone della solitudine contemporanea, che arriva perfino ad attanagliare il lato ludico della vita, come notiamo in quella intristita giostrina a forma di leone marino di On Adriatic Coast. Tuttavia, non possiamo non evidenziare come il confine tra i due termini sia, nelle sue opere, labile: ad esempio nella descrizione di Safeway. Corpus Christie leggiamo un vero e proprio abbozzo di sceneggiatura attraverso l’interpretazione di una foto.

Two mirrors, in realtà la prima opera che incontriamo, è la summa della sua teoria: «l’atto del vedere è percezione e verifica del reale, un fenomeno che ha a che fare con la verità molto più del pensiero, nel quale invece ci smarriamo più facilmente allontanandoci dal reale». Lo sguardo si moltiplica decentralizzando il nostro occhio tra natura ed edifici mediante due specchi di controllo riflettenti due aree retrostanti. Ciò ci consente di non sedimentarci nella visione dell’immagine che abbiamo di fronte e al tempo stesso di stanziarci all’interno di uno spazio complessivo e maggiormente confinato.

Il lavoro sulle modalità di riflessione dell’immagine si manifesta anche nell’irruzione della natura attraverso gli artefatti umani, come avviene in Eternal friendship with the people of the Soviet Union in cui il vetro rettangolare delle finestre svela il cielo e le nuvole. Rimanendo sul lato dell’elemento naturale, in Subterranean Homesick Blues un prato sembra riappropriarsi del proprio spazio inghiottendo un’automobile e definendo così una sorta di non primigenio, poiché sempre occultato dall’elemento umano, locus amoenus.

Mississippi Town

Mississippi Town, USA, 2001, C-Print, cm 124.3 x 157

Dov’è l’essere umano in tutto ciò? La sua presenza è riscontrabile soltanto nelle sue non irrilevanti tracce: estremizzata la sua assenza, come in Back Yard, immagine di un cortile retrostante ad alcune case di Onomichi in cui non vi è nemmeno una finestra, al costruttore di dimore e strade – Onomichi at Dusk, Mississippi Town –, quando non è morto – il cimitero di Swimming Pool –, non rimane che decretare la propria latenza eremitica attraverso uno sguardo disincantato e nomade, lo stesso che ha quella figurina pensante – e dunque distante – racchiusa tra l’orizzontalità dei palazzi e la verticalità dei grattacieli e seduta sul bordo di una finestra in Woman in the Window.

Benvenuti nella nitida descrizione della biologia dello spazio urbano, un mondo abbandonato e antropomorfico perfettamente geometrico | \ _ /.

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Autore

Lorenzo Cascelli

Ho conseguito la Laurea Magistrale in Estetica nel 2012 con una tesi su "The Tree of Life" di T. Malick e "Melancholia" di L. von Trier presso il dipartimento di Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Caporedattore prima di Arte e Libri e poi di Cinema presso Pensieri di Cartapesta, da Aprile 2014 sono direttore editoriale di Nucleo Artzine.

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