Tagliarini, Deflorian | Trilogia dell’invisibile: rzeczy/cose

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Ideazione, testo e performance Daria Deflorian e Antonio Tagliarini
a partire dal reportage di Mariusz Szczygieł Reality, Nottetempo 2011
traduzione di Marzena Borejczuk
disegno luci Gianni Staropoli
collaborazione Fernanda Pessolano
organizzazione e promozione PAV
in collaborazione con la casa editrice Nottetempo
produzione Teatro di Roma
 
12 novembre 2014, Teatro India

Continua al Teatro India l’avventura targata Tagliarini-Deflorian con Trilogia dell’Invisibile, un progetto che li ha visti in scena per più di dieci giorni con quattro lavori differenti: Ce ne andiamo per non darvi altre preoccupazioni, Reality, Rewind-omaggio a Cafè Müller di Pina Bausch e rzeczy/cose.

Quest’ultimo riprende le fila della vicenda della loro tanto amata Janina Turek, casalinga di Cracovia con una grande mania quotidiana, quella dell’osservazione di tutto ciò che le accadeva. L’annotazione delle azioni che compiva o che vedeva compiere l’ha portata alla redazione di un infinità di quaderni con immensi elenchi all’interno, dal cibo al numero dei libri letti, alle persone incontrate, a di tutto ciò che potesse osservare e dunque catalogare. Da questo parte la rappresentazione dei due interpreti che include anche il pubblico, invitato dalle maschere a passeggiare tra scatoloni ammassati, pieni di ogni genere di oggetto, dal cavallo a dondolo ai giochi in scatola, alle bocce ecc.

Tagliarini e Deflorian raggiungono il pubblico sulla scena, offrendo delle sedie che vengono disposte a cerchio e così, senza luci, senza distanze e attese, iniziano il loro viaggio attraverso “le cose”. E’ un bel viaggio, un viaggio che inizia con le storie di Janina Turek e si mescola con le loro vicende personali, con ricordi vicini e lontani, con confronti sugli stati d’animo presenti e passati. Vecchie cartoline e fotografie scolorite sono inframezzate da curiosità e ricerche sulla vita della Turek che diventano riflessioni personali alle quali anche lo spettatore riesce a connettere il proprio passato.

Interessante, data la vicinanza del pubblico, è la naturalezza con cui i due interpreti interagiscono sia tra loro che con noi, mostrandoci a maggior ragione quanto le cose, gli oggetti tangibili possano essere il tramite e collegamento delle nostre vite, dei nostri ricordi e delle nostre relazioni con gli altri. Puntano la loro riflessione sull’emozione che viene accesa dall’oggetto, sull’immagine, sul profumo e sull’odore di qualcosa che non c’è più. Emblematico è il momento in cui Deflorian insegna il gioco delle bocce a Tagliarini. Tenerezza, vicinanza e movimento di un corpo che vuole assorbire concetti fisici, ricreando un vero e proprio mondo personale, scatenati semplicemente da due vecchie sfere di ferro che scorrono sotto agli occhi sorpresi degli spettatori.

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