Rowena Harris | Being both on and within, as I said

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Rowena Harris, I am the things in my pockets, but in much the same way I could be those things in yours, 2015. Foto di Giorgio Benni, courtesy The Gallery Apart.

Rowena Harris, I am the things in my pockets, but in much the same way I could be those things in yours, 2015. Foto di Giorgio Benni, courtesy The Gallery Apart.

ArtistaRowena Harris

Titolo: Being both on and within, as I said

Luogo: The Gallery Apart, Via Francesco Negri 43

23 giugno – 30 settembre 2015

Dopo quasi un anno di residenza presso la British School at Rome come Sainsbury Scholar in Sculpture, l’artista inglese Rowena Harris ha inaugurato lo scorso 23 giugno la sua personale Being both on and within, as I said presso The Gallery Apart, nel cuore del quartiere Ostiense. La ricerca artistica in cui da tempo è impegnata la galleria sembra aver trovato nuove conferme nei lavori della Harris, le cui opere scultoree – occupanti due piani dello stabile – riescono sapientemente a dialogare con lo spazio architettonico in cui sono inserite. L’occhio infatti non può non essere subito pungolato da I am the things in my pockets, but in much the same way I could be those things in yours: chiavi, orologi, monete realizzati in gomma siliconica e piccole foto in cui il corpo umano viene continuamente evocato dalle dita impresse sulla pellicola, compaiono sul pavimento lungo tutta la parete di sinistra della galleria come tracce distratte e indecifrabili di una presenza/assenza allusiva di qualcos’altro che può essere solo lasciato all’immaginazione.

Il corpo evocato nella sua frammentarietà è uno degli elementi fondamentali dell’opera di Harris. In Searching for a sense of balance – lavoro che si compone di tre opere – troviamo parti di una camicia inserite e pietrificate nei tre blocchi di cemento posizionati sul pavimento; una chewing gum masticata che funge da collante per quella che sembrerebbe essere una delicata e microscopica scultura in bronzo, ma che è in realtà la stampa 3D da un file digitale di una risonanza magnetica di una coclea (componente interna dell’orecchio umano). Tutti elementi questi che, giocando sul binomio reale-virtuale, animato-inanimato, alludono a una presenza che si palesa subito come fantasmatica, legata all’oggetto mostrato e allo stesso tempo anche ad un altrove capace di connettersi, in maniera sottile e inaspettata, talvolta poetica, alla sfera privata dell’osservatore. Alcune sculture – realizzate quasi fossero finestre affacciate sullo spazio della galleria – colgono la presenza corporea dei visitatori e allo stesso tempo la loro assenza nel momento in cui essi si muovono spostandosi nell’ambiente, rendendosi inconsapevolmente soggetti e oggetti stessi dell’opera: essi vedono attraverso la cornice scultorea e sono visti a loro volta. Tutto rientra così in un meccanismo circolare, in una ricerca costante di equilibrio tra ciò che è fuori l’opera e ciò che è dentro – come suggerisce Walking around in clockwise circles Note to self – mine and yours perhaps –, là dove la realtà fisica appare e si dissolve, e con essa noi.

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Autore

Cristina Palumbo

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