Romaeuropa Festival, DNA 2014| Perego, dialogo a tre con la molecola d’aria + Ninnarello, Rock Rose Wow

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Dialogo a tre con la molecola d’aria
Movimento Manfredi Perego
Luci Antonio Rinaldi
Musica Paolo Codognola
 
Rock Rose Wow
Concept e coreografia Daniele Ninnarello
Performance Annamaria Ajmone, Marta Ciàppina e Daniele Ninnarello
 
7 novembre 2014, Romaeuropa Festival
Teatro Piccolo Eliseo Roma
 

Continuano gli appuntamenti con il Romaeuropa Festival DNA14 durante il quale sono stati presentati due lavori estremamente diversi per stile coreografico eppure molto simili nell’indagare ciò che dell’animo umano è nascosto. In scena Manfredi Perego in Dialogo a tre con la molecola d’aria e Daniele Ninnarello con Rock Rose Wow.

Manfredi Perego, insieme al musicista Paolo Codognola e al light designer Antonio Rinaldi, mette in scena un lavoro molto intimo, giocato sul legame tra il movimento, il suono e la luce e correlativamente tra le persone che veicolano le energie di queste componenti artistiche. Secondo Perego l’aria, importante protagonista della pièce, è ciò che ci contiene e permette la sedimentazione delle percezioni e delle emozioni dell’essere umano. Questa la matrice della ricerca.
Il lavoro, della durata di quindici minuti, si avvale di atmosfere eleganti ed intime, di loop musicali su cui il danzatore sprigiona movimenti a tratti scontati, a tratti distintivi della sua personale estetica del movimento. Essi sono interrotti o assecondati da un vero e proprio dialogo con le luci in cui, a volte, anche lo spettatore si sente chiamato in causa per lo sbalzo visivo che subisce. Il lavoro risulta audace per la dose di intimità che viene mostrata, per la dose di silenzi e di soste fisiche ma soprattutto perché mette in luce uno stato emotivo poco chiaro, intrigante nella sua fragilità e perciò familiare ad ognuno di noi.

Rock Rose Wow di Daniele Ninnarello si presenta sgargiante, nel bianco della scena che ricorda vagamente il set di una sfilata di moda. I tre interpreti, il coreografo insieme ad Annamaria Ajmone e Marta Ciàppina sono dichiaratamente tre personalità distinte nei loro abiti a fiori e molto colorati, alla moda. Non si distinguono però nei loro movimenti che, per tutta la prima parte del lavoro, sono fatti di silenziose camminate sfacciate che sfidano un pubblico curioso. L’evoluzione del lavoro è fatta di sequenze di movimento personalizzate che si ripetono e permettono ai danzatori sia di amalgamarsi sia di distaccarsi e partire per un viaggio singolo. Queste danze fluide ed estremamente dinamiche lasciano il posto ad un solo di Ninnarello che, quasi in fase preparatoria ad un rituale, comincia il suo personale percorso fisico facendo crescere movimenti circolari, ripetuti, incalzanti a cui si aggiungono, per imitazione, le altre due danzatrici.
Il lavoro si conclude con un tripudio estatico in cui la ripetizione ossessiva, amplificata e disperata di un movimento che non ha fine porta i danzatori quasi in un luogo altro, abbandonando così la facciata modaiola vista all’inizio del lavoro. Gli applausi finali sono per tre danzatori che hanno affrontato una grande sfida fisica: il lasciarsi andare. Questo lavoro stupisce grazie alla modalità che il coreografo sceglie per condurre lo spettatore verso una conclusione spiazzante e soprattutto perché i sessanta minuti di esecuzione scorrono in un battito d’ali.

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