Riccardo Maggi | Welcome to Wonderland

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regia Riccardo Maggi

testo e adattamento Riccardo Maggi, Francesca Federico e Sarah Consorti (liberamente tratto da Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carrol)

con Viola Zanotti, Nicole Petruzza, Sarah Consorti, Stefando De Santis, Tony Scarfì, Lorenzo Controni, Leonardo Bianchi, Fausto Tinelli e Michela Tebi

produzione Compagnia Oneiron

25 Marzo 2017, Fonderia delle Arti, Roma

Dal 24 al 26 Marzo, presso il Teatro Fonderia delle Arti, è andato in scena Welcome to Wonderland, di Riccardo Maggi.

Esiste una fabbrica di sogni nel panorama del teatro off romano, ed esempi come questo dovrebbero accendere i riflettori su questa finestrella che affaccia sull’intero mondo del palcoscenico. Parliamo della Compagnia Teatrale Oneiron, attiva dal 2015 nella capitale. Come ogni funzionante meccanismo che si rispetti, a volte bisogna tornare indietro, alle origini, per farlo progredire. Riccardo Maggi, regista e autore, e Viola Zanotti, attrice e assistente alla regia, l’hanno fatto con il primo spettacolo della Oneiron, Welcome to Wonderland. A un anno e mezzo di distanza il testo è stato in parte riscritto, il cast è per metà cambiato e i ritmi a cui ci aveva abituato Maggi nelle sue precedenti messe in scene, vedi La Profezia, Anima, Il declino di un imperatore, sono stati accompagnati a scene di taglio più contemporaneo e intimistico. Il risultato?! Eccellente. Welcome to Wonderland è un complesso di attori, luci, suoni e colori. Uno spettacolo che fa ridere, meditare, riflettere fino a quasi piangere.

La storia di Alice nel paese delle meraviglie è nota a tutti: la bambina immaginata da Lewis Carrol si addormenta annoiata leggendo un libro nel giardino di casa; e piomba in un mondo fantastico popolato da strambi personaggi. Una storia per bambini, almeno in apparenza, dato che sono molteplici le interpretazioni a cui è stato sottoposto il racconto fin dal 1865, anno in cui fu pubblicato dall’autore inglese.

Gli autori Riccardo Maggi, Francesca Federico e Sarah Consorti, impegnata anche nel ruolo di attrice col doppio ruolo di Nyn – personaggio che riprende l’originario Pinco Panco del romanzo – e della madre di Alice, ne danno una chiave semplice, e geniale proprio in questa semplicità, spostando l’intera storia in un manicomio.

Ed ecco che le meraviglie del paese di Alice diventano la cornice di una realtà più concreta, angusta e oppressiva. I canti, i balli e le filastrocche che tanto orecchiabili e innocenti risultavano alla lettura del libro o alle immagini delle successive trasposizioni cinematografiche mutano in sfoghi, frustrazioni, evasioni dal mondo che circonda i protagonisti della storia, gli ospiti di una clinica, un luogo in cui si tengono a bada le loro follie, a volte col bene, le ricerca del confronto con quest’ultimi da parte del Brucaliffo, altre volte col male, “la procedura” della Regina e del Re, o direttore della clinica se si preferisce.

La protagonista Alice, interpretata dalla deliziosa Viola Zanotti, che si fa candido piacere per gli occhi dello spettatore al primo sguardo, grazie alla sua innata innocenza e alla commovente leggerezza con cui interpreta questo divertente e allo stesso tempo compassionevole personaggio, si ritrova catapultata in questo mondo, non certo per via di un sogno, ma a causa della preoccupazione della propria madre, intimorita dai comportamenti anomali che la figlia dimostra.

È proprio la madre, a catapultarci a inizio spettacolo all’interno della struttura, in un colloquio con il Brucaliffo, Fausto Tinelli, un freudiano analista, che fin da subito dimostra la sua indole magnanima, un precursore dei tempi o sicuramente un seguace della psicanalisi appena affacciatasi nel panorama dello studio delle malattie mentali, dato che la collocazione cronologica del testo riporta a un periodo tra gli anni 30 e 40 del ‘900, lo dimostra anche un chiaro rimando che si fa al nazismo durante la rappresentazione, per via di una vicenda che riguarda due pazienti della clinica. Tinelli trova nelle scelte registiche che lo rendono un personaggio granitico e volutamente poco mobile, una varietà di timbrica vocale, dai toni più pacati a quelli più duri, che non stentano a far vibrare l’anima dello spettatore, che rimane già colpito dalla sola presenza scenica che l’attore pugliese riesce a portare con sé al primo ingresso sul palco. Una prova da attore navigato nonostante fosse alla sua prima vera esperienza da professionista.

Alice appena arrivata all’interno del luogo incontra il Bianconiglio, la quale, Nicole Petruzza, si scoprirà avere con la nostra protagonista un legame più stretto di quello che si possa pensare, rispetto al racconto di Carrol. La Petruzza porta in scena un saltellante leporide, con chiari segni di bipolarità. Nei colloqui col Brucaliffo, che diventano il vero e proprio metronomo di una storia dai ritmi variegati e precisi, l’attrice esprime tanta ironia quanta drammaticità, superficialità istintiva cosi come spiazzante capacità di riflessione. Un personaggio che subirà le convenzioni sociali e che alla fine verrà “guarito” dalle stesse. Prova interessante e intensa. Ad accompagnare il Brucaliffo nei suoi colloqui è spesso il viscido e servile direttore della clinica, o il Re come viene soprannominato e immaginato dagli internati, Stefano De Santis, che interpreta insieme a questo anche il ruolo di Lyn, fratello di Nyn, corrispettivo di Panco Pinco nell’originale: l’indiscussa verve comica, l’istrionismo e la capacità di trasformazione dell’attore romano, lo rendono quasi imbarazzante per la bravura. Non è da meno il resto del cast, molti dei quali sono ormai delle presenze affezionate della compagnia Oneiron, in ordine: Tony Scarfì, personaggio indissolubilmente legato al cappellaio matto, un compagno di giochi con cui inscenare trascinanti coreografie, binomio perfetto tra clownerie e partiture grottesche,  si rivela poi un personaggio molto più scuro e sardonico del previsto, e da all’attore la possibilità di mettere in mostra, oltre alla peculiare e impareggiabile fisicità a cui avevamo assistito nei precedenti spettacoli della Oneiron, qualità drammatiche non indifferenti; Lorenzo Controni, per l’appunto il cappellaio matto: su di lui basti pensare che ha una biomeccanica cosi legata a ritmi comici talmente disarmanti, che gli è sufficiente anche solo un piccolo, all’apparenza ininfluente, siparietto di mimo in proscenio, consistente nel rimanere “incollato” ad una sedia, uno degli oggetti centrali di tutta la rappresentazione di Welcome to Wonderland,  da creare un varco in platea, brillando di luce propria, e stupendo il pubblico per quello e ben altro ancora; Leonardo Bianchi, lo Stregatto, un narratore, un traghettatore di anime turbate, invisibile quando lo vuole, troppo visibile quando non può nascondere tutte le sue fragilità e debolezze, agli altri protagonisti come quanto a se stesso, ricorda quasi un personaggio da Favoloso Mondo di Amélie, una lunga sciarpa gialla, e un carattere tra il finto sciolto e lo sbruffone intimorito. Personaggio affascinante e attore all’altezza di un compito non facile. Ultima ma non ultima Michela Tebi, la Regina, un direttore d’orchesta che suona gli ottoni della storia, le note gravi sono tutte sue, le atrocità di cui si rende protagonista e la tranquillità glaciale con cui le compie, fanno apparire il ruolo, cosi come viene inscenato dalla giovane interprete, come cucito addosso a lei.

Welcome to Wonderland è un opera di sacrificio, arte e volontà di un gruppo di giovani che non hanno più bisogno di presentazioni, ma di sempre maggiori conferme e di un attenta considerazione da parte di un pubblico più vasto e che siamo certi è destinato a crescere, se questo è il livello di qualità di cui si rendono artefici.

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