Parabole fra i Sanpietrini: Groppi d’amore nella scuraglia

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Il quinto appuntamento di Parabole fra i sanpietrini ci incanta con Groppi d’amore nella scuraglia, una saga comica e poetica firmata da Tiziano Scarpa e portata in scena da Carichi sospesi, associazione culturale di Padova.

Groppi d’amore nella scuraglia

di Tiziano Scarpa
con: Silvio Barbiero
regia: Marco Caldiron
scene: Paolo Bandiera
costumi: Anna Cavaliere
musiche: Sergio Marchesini e Debora Presina
produzione: Carichi Sospesi

28 e 29 marzo 2013 – Forte Fanfulla, Roma

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Parabole fra i sanpietrini ci ha davvero stupiti. Siamo arrivati un po’ prima al Forte Fanfulla senza sapere esattamente cosa aspettarci finché un uomo, da solo in scena, ha cominciato a raccontare una storia. Originale e commovente. Di una ricchezza sorprendente.

Groppi d’amore nella scuraglia è un testo di Tiziano Scarpa, scritto in una lingua sapientemente arcaica, quasi inventata, che richiama i vernacoli meridionali e li miscela con suoni antichi. Ci racconta di un paesino dell’Italia meridionale completamente devastato dai rifiuti dove un uomo, Scatorchio, è innamorato di una donna, Sirocchia. La rivalità con un altro uomo, Cicerchio, porterà Scatorchio, per puro dispetto, ad appoggiare lu sindaco nel trasformare il paese in una discarica, in cambio di un ripetitore tv. Ahimé.

È proprio Scatorchio a raccontarci tutto, tanto il suo doglio d’amore quanto la disfatta etica del paese. L’attore Silvio Barberio non si risparmia e porta in scena un personaggio straordinario. Per dirla con chi lo ha creato, Scatorchio è ruvido, cialtrone, impresentabile. Poetico. È uno che parla con tutti gli esseri dell’universo. Durante il racconto, incontra personaggi buffi, come la vedova Capecchia, e ci strappa più di un sorriso quando chiede consiglio a lu nonnio su come sopportare il suo fardello d’amore. Scatorchio incontra e parla anche con gli animali, allegorie del nostro presente ormai sfatto tra le quali ricorderemo lu cane canaglio, rapportandosi, feroce e naif, al male dell’anima che rappresentano.

Il lavoro scenico di Carichi sospesi mostra una freschezza d’espressione e una capacità attoriale che difficilmente scorderemo. Porta sul palco un racconto dolente, una storia di redenzione in un mondo contemporaneo allo sfacelo, imbrigliato nei suoi archetipi esasperati e disperati.

«A chistu munnochi ce mantene la bellezza ce cumanda. Ma puro chi ce mantene lu pauro ce cumanda. Lu munno iè nu battaglio de bellezza e de pauro. Accusì ne la notte nottosa lu pauro e la bellezza ce s’attizzano battaglio pe cunquistà la scuraglia de l’ommeno».

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