L’IMMORTALE E DIABOLICA IRONIA DI MEFISTOFELE

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FAUST

di W. Goethe

regia Moritz Schönecker

drammaturgia Simon Meienreis, Jonas Zipf

effetti speciali video StephanKomitsch/Impulsekontrolle

con Ella Gaiser, Natalie Hϋnig, Tina Keserovic, Benjamin Mährlein, Yves Wϋthrich

 

20 e 21 Aprile 2012 – Hauptbϋhne della Theaterhaus di Jena, Germania

Si dice che quando un’opera, sia essa d’arte figurativa, musicale, letteraria o teatrale, riesca a diventare parte integrante della cultura di un popolo, allora essa diviene un classico. Confrontarsi con un classico è sempre rischioso, soprattutto quando c’è la necessità di dire ancora qualcosa di nuovo al riguardo.

Sabato 21 Aprile, all’Hauptbϋhne della Theaterhaus di Jena, Germania, è andato in scena il Faust, di J. W. Goethe, uno dei capisaldi della letteratura e cultura tedesca, nella pregevolissima e curiosa riduzione di Moritz Schönecker. La scelta del regista è mostrare l’opera denudata da ogni orpello scenografico, tramite cavi elettrici e luci in bella mostra, attori che, dopo aver recitato la loro parte, muovono le attrezzature sceniche, e una godibilissima messa in scena, ridotta ai minimi termini, con oggetti selezionati con cura.

Ma la cosa che più sorprende è la presenza incombente di telecamere ed effetti speciali ricreati al computer, come se ci fosse il desiderio di legittimare da parte del Maligno, una onnipotente regia su tutto, infatti, il gioco consiste proprio in una sorta di sberleffo del mefistofelico Diavolo, con l’arma del digitale che si insinua nel mondo reale per portarvi clamore e confusione, nel sottile gioco tra il possibile mondo reale e l’iper-reale mondo virtuale.

Parlare difatti esclusivamente del più celebre patto col diavolo della storia della letteratura non porterebbe a nulla di nuovo. L’aspetto più innovativo di questa riduzione sta proprio nel proporre il talento istrionico, drammatico e ironicamente anarchico di Mefistofele, come una sorta di Virgilio capovolto: non una guida capace di far discernere tra il bene e il male, ma il mattatore televisivo di un sabato sera eterno, eternamente sab(b)atico, che inghiotte Faust, l’uomo corroso dall’insuccesso, e lo porta nel suo mondo, lo fa agire con le sue regole, in cambio della propria anima. Anche l’amore di Faust verso Gretchen risulta fasullo, fumo negli occhi, una grande, ennesima amara risata del potente Diavolo.

Nel gioco estremo, melancolico e mordace del diavolo, si riscoprono pulsioni sepolte e amare illusioni, ma il suo malizioso tranello sebbene infernale, risulta sempre razionale, lucidamente reale. Alla fine dello spettacolo, il sipario si chiude. A Gretchen è affidato l’onore dell’ultima battuta, che congeda il pubblico dall’incantesimo diabolico.

Eccellente prova degli attori, nel mentre si odono lunghi e fragorosi applausi, eppure si sente nell’aria che un riso malizioso non smetterà mai di sghignazzare, lasciando corrodere con la sua ironia, arma magica e infernale, ogni cosa che di umano ci possa essere.

 

 

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