TdV8 | Menoventi, L’uomo della sabbia

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 L’uomo della sabbiadi Consuelo Battiston, Gianni Farina, Alessandro Fiele

@ Teatri di Vetro 8, Teatro Vascello, 15 settembre 2014

Video trailer di Davide Maldi

Per scaricare il Pitti con all’interno l’intervento di Gianni Farina clicca qui

Poderoso è l’aggettivo adatto per descrivere questo «capriccio alla maniera di Hoffmann» o, più semplicemente, questa inquietante e minimale riflessione sui meccanismi della cornice teatrale e del montaggio, spazio interstiziale durante il quale le scene de L’uomo della sabbia vengono smontate e rimontate mediante la destituzione del concetto di loop e del suo eterno ritorno dell’uguale.

La struttura drammaturgica del lavoro di Menoventi si alimenta concettualmente di questa complessa circolarità mancata in cui le ripetute situazioni si modificano di volta in volta e al cui interno le identità dei protagonisti si sdoppiano, si scambiano e si raddoppiano condensandosi in una sorta di luogo privo di qualsiasi logica cognizione spaziotemporale. Claudio, l’uomo mangia banane, chi altro è se non un nomade della rappresentazione che vaga, errando, in questa pluralità di mondi condivisa dai protagonisti? Uno spazio multidimensionale che raffigura, in realtà, la mente di Nataniele: una fornace labirintica in cui si fondono eventi della vita quotidiana – piano esterno – e pulsioni psichiche – piano interno –al limite tra l’ossessione paranoica e il disvelamento di una terribile verità: chi è Coppola? Chi è Coppelius?

Il perturbante, lo spaesamento verso ciò che interpretiamo come familiare, sia esso un conglomerato di personaggi o situazioni, si rafforza grazie all’irruzione dell’elemento sconosciuto, Olimpia, la figlia del dottor Spallanzani, vera manna dal cielo per le turbe del contemplativo Nataniele. Il meccanismo, che fino a quel momento aveva vissuto sul paradosso e la bizzarria degli accadimenti, si trasforma così in un vortice performativo impregnato di una fortissima coazione a ripetere – il sipario si apre e si chiude a velocità altissime per permettere la riedizione della scena – che coinvolge tutti i protagonisti – da segnalare la bravura degli attori in scena – e in cui Olimpia e Nataniele finalmente si conoscono.

Se da una parte la capacità di comprensione dello spettatore è incredibilmente messa a dura prova dalla intensa stratificazione delle possibilità portate in scena, dall’altra Menoventi ci rammenta che la rappresentazione è prima di tutto un gioco, anche se sadico nei confronti di Nataniele e dell’impero della sua mente – citazione volutamente lynchana –, di cui noi siamo spettatori di passaggio e in fondo compiacenti. L’epicità del loop si trasforma così in tragicità della morte: un puro e affascinante “capriccio”.

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Autore

Lorenzo Cascelli

Ho conseguito la Laurea Magistrale in Estetica nel 2012 con una tesi su "The Tree of Life" di T. Malick e "Melancholia" di L. von Trier presso il dipartimento di Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Caporedattore prima di Arte e Libri e poi di Cinema presso Pensieri di Cartapesta, da Aprile 2014 sono direttore editoriale di Nucleo Artzine.

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