Intervista a Sandro Veronesi

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La libreria Assaggi di San Lorenzo ha ospitato venerdì 15 novembre un incontro di lettura con Sandro Veronesi: lo scrittore italiano, vincitore del Premio Strega 2006 con il libro Caos Calmo, ha letto il suo racconto Venti minuti di non amore, scritto per il Festival Letterario di Ventotene.

La lettura è stata anche l’occasione per Veronesi di discutere sul concetto di libro, inteso come elemento ideale per la costruzione personale e per la comunicazione: incuriositi da queste considerazioni, Pensieri di Cartapesta ha intervistato l’autore.  

Valentina Cucchiaroni: Laureato in architettura nel 1985, lei esordisce, pochi anni dopo, nel 1988 con il libro “Per dove parte questo treno allegro”. Perché decide di intraprendere il difficile mestiere dello scrittore?

Sandro Veronesi: Era il mio desiderio, il mio sogno e, ora posso dirlo, il mio karma. Gli studi di architettura sono stati molto importanti, per me, ma onestamente non ho mai pensato, mentre facevo l’università, di fare effettivamente l’architetto.

VC: I suo testi descrivono spesso un dialogo tra un’intimità emotiva sempre inquieta, quasi primordiale, e la consapevole razionalità dell’essere umano. Come mai propende nei suoi scritti per un’analisi introspettiva? Ci sono autori che l’hanno influenzata, durante la sua formazione, nella scelta di queste tematiche?

SV: Vede, io semplicemente non riesco a concepire la scrittura narrativa senza l’analisi introspettiva dei personaggi. D’altra parte, non riesco nemmeno a concepire l’analisi introspettiva senza una narrazione che la contenga. Non ho mai veramente deciso di scrivere così: è che non potrei fare diversamente. Quanto alle influenze, sono talmente tante che non c’è lo spazio per elencarle. Di sicuro però posso dire che mi hanno influenzato anche autori che procedono in maniera molto diversa da me, per esempio senza analisi introspettiva (vedi Hemingway). Rigore, rispetto della scrittura e ricerca dello stile possono essere presi a esempio in qualunque autore che ne sia provvisto.

VC: Durante l’incontro presso la libreria Assaggi di Roma lei ha letto il racconto “Venti minuti di non amore”, scritto durante il festival letterario di Ventotene. È più facile cimentarsi in un romanzo o in un racconto? Qual è la forma letteraria che preferisce?

SV: Il racconto è difficile, ma il romanzo è difficilissimo, anche perché in realtà non sembra così difficile. D’altra parte, un racconto può (e dunque deve cercare di) essere perfetto, mentre la perfezione nel romanzo non esiste. Amo moltissimo il racconto, ma nei periodi della mia vita in cui sto scrivendo un romanzo (piuttosto lunghi, grazie a Dio, dato che sono lento) io mi sento un uomo  migliore.

VC: Insieme a Domenico Procacci è fondatore della casa editrice Fandango. In questo periodo di crisi culturale ed economica, quali sono i rischi imminenti per l’editoria? Come si potrebbe rivalorizzare, secondo lei, il panorama letterario italiano?

SV: I rischi sono gli stessi di qualsiasi altro comparto industriale, oggi, in Italia: che non si riesca a sopravvivere “piccoli”, che si debba morire o diventare sempre più grandi. Quanto al panorama letterario italiano, a me sembra molto vitale, e non ritengo debba essere rivalorizzato. Semmai dovrebbe essere adeguatamente illustrato, accompagnato e governato, per non disperdere il talento e orientare un po’ meglio i lettori. 

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Autore

Valentina Cucchiaroni

Caporedattrice della sezione Arte di Nucleo Artzine, appassionata della scena artistica contemporanea, ha studiato filosofia teoretica alla Sapienza di Roma.

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