I DOLORI DELL’INGEGNER GADDA

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Un Amleto Pirobutirro tra guerre mondiali e intime

Una sagoma scura entra in scena tagliando in diagonale lo spazio. Avvolta da questa semioscurità, la figura si affretta a prendere una sedia e inizia a tracciare nervosamente delle linee sul palco, come su di una lavagna magica. All’improvviso: luce! Le linee tracciate in maniera rigorosa diventano luminose e la figura inizia a delinearsi, a farsi riconoscere: è Amleto, è Gadda, è Fabrizio Gifuni.

L’ingegner Gadda va alla guerra è uno spettacolo costruito attorno alla parola: dalle parole scritte, complesse e forse poco teatrali di Gadda, a quelle poetiche e drammatiche di Shakespeare, che uno straordinario Fabrizio Gifuni riesce a interpretare con eguale e di volta in volta diversa tensione. “Parole, parole, parole…” recita un Gadda-Amleto mentre inizia ad inscenare la sua metodica pazzia, ed è con queste che Gifuni gioca con estrema maestria, miscelando dialetti, inflessioni e registri diversi, creando una partitura vocale ricca di colori, un pasticcio sonoro che concorre e si sposa con il miscuglio lessicale di Gadda.

Il rigore da ingegnere dello scrittore milanese, così come l’estrema lucidità del principe di Danimarca, portano entrambi i personaggi ad un collasso esistenziale. Il mondo, che si vorrebbe ordinato e razionale, si mostra confuso e folle. La guerra sconvolge l’esistenza dello scrittore, ne plasma l’anima, attraverso un rapporto con il dolore che diventa mezzo di conoscenza, uno strumento che, quando sembra annientare, rafforza.

Il disegno di luci geometrico contribuisce a sottolineare la mentalità da ingegnere di Gadda e, allo stesso tempo, è funzionale alla suddivisione dello spazio narrativo. Un corridoio luminoso, a forma di L blu, è il regno di Amleto, mentre il resto del palco è di Gadda. Un trapezio di luce avvolge ad un tratto lo scrittore, come in uno stemma militare, mentre la l’illuminazione diventa diffusa e uniforme sul finale.

La prima parte dello spettacolo è basata su I diari di guerra e di prigionia, il resoconto fedele della partecipazione di Gadda alla prima guerra mondiale: la disfatta di Caporetto, la detenzione nei campi di prigionia tedeschi e la morte del fratello Enrico. Nella seconda parte il linguaggio e l’attore esplodono e si liberano ulteriormente nel pamphlet antimussoliniano Eros e Priapo. È sempre Gadda ed è sempre il secolo scorso, ma è senza grosse forzature o complici strizzate d’occhio che lo spettatore coglie un chiaro riferimento all’attualità. La luce in sala si accende e il pubblico, interpellato direttamente, è chiamato a scrollarsi da quel torpore di cui il buio della sala a volte si fa complice. È invitato ad un atto di conoscenza con che nu’ dobbiamo riscattarci e che prelude la resurrezione, se una resurrezione è tentabile da così paventosa macerie.

Dietro questo metodico delirio in un toscano arcaizzante, tra tragedia e pantomima, Gifuni ci va elencando le caratteristiche della personalità narcissica, analizzando con partecipato distacco i sintomi di una psicopatologia erotica annidata nel potere di ieri e di oggi. I toni sono quelli di un’invettiva carica di sarcasmo. Il linguaggio del corpo da secco e militarmente nervoso si fa fluido e scattante. Agli echi cinquecenteschi della parola artificiosa di Gadda si unisce un gesticolare colorito quasi da Commedia dell’Arte. Gifuni istrioneggia, ma senza sbavature.

 

L’INGEGNER GADDA VA ALLA GUERRA

(o della tragica istoria di Amleto Pirobutirro)

un’ idea di Fabrizio Gifuni

(da Carlo Emilio Gadda e William Shakespeare)

con Fabrizio Gifuni

regia Giuseppe Bertolucci

disegno luci Cesare Accetta

direttore tecnico Hossein Taheri

dall’11 al 16 OTTOBRE 2011 dal martedì al sabato ore 21:00 – domenica ore 19:00 – Teatro Vascello, Roma

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