Antonio Latella | Natale in casa Cupiello

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di Eduardo De Filippo
regia Antonio Latella

ROMA PER EDUARDO
Interpreti
Francesco Manetti, Monica Piseddu, Lino Musella, Valentina VaccaFrancesco Villano, Michelangelo Dalisi, Leandro Amato, Giuseppe Lanino, Maurizio Rippa, Annibale Pavone, Emilio Vacca, Alessandra Borgia
Drammaturga del progetto Linda Dalisi
Scene Simone Mannino e Simona D’Amico
Costumi Fabio Sonnino
Musiche Franco Visioli
Luci Simone De Angelis
Assistenti alla regia Brunella Giolivo, Michele Mele
Assistente volontaria Irene Di Lelio

3 Dicembre 2014, Teatro Argentina, Roma

Trent’anni dopo il 31 Ottobre 1984 il Teatro di Roma commemora e omaggia la figura del poeta, attore, autore e regista napoletano Eduardo de Filippo, con il progetto ROMA PER EDUARDO. Per l’occasione Antonio Latella porta sulla scena del Teatro Argentina Natale in casa Cupiello che rappresenta uno dei capisaldi della drammaturgia defilippiana contenendone gli stilemi più caratterizzanti, quali il cinismo, la solitudine, il rapporto di odio e amore con la tradizione napoletana, la miseria morale e materiale del vivere, il conflitto moglie/marito rassomigliante alla relazione madre/figlio.

Se la produzione nasce dalla celebrazione di una figura assente, anche lo spettacolo si delinea come un magniloquente e passionale requiem. Due atti concepiti come una sorta di tassidermia del testo originale, del quale persino le didascalie vengono recitate con tanto di accenti acuti e gravi. La persona di Eduardo compare fantasmaticamente attraverso la sua voce registrata e inserita nella partitura sonora della pièce come elemento quasi di disturbo.

In uno spazio scenico vuoto, a eccezione di una colossale stella cometa fiorita, gli interpreti in posizione frontale recitano immobili a eccezione di Francesco Manetti/Lucariello che accompagna ciascuna battuta scrivendo parole invisibili disegnate nell’aria con il braccio destro, tic nevrotico del fabulatore, di chi accende la miccia della tragedia a venire.

Come statuine da presepe riesumate da uno scatolone pian piano si purificano dalla naftalina e iniziano a deambulare vorticosamente seguendo il ritmo sempre più incalzante dell’intreccio. Litigano a ritmo di musica noise, si scaraventano addosso carcasse di animali finti, interagiscono con un’enorme carrozza, trainata principalmente dalla ‘madre coraggio’ Monica Piseddu/Concetta che rappresenta la nemesi e allo stesso tempo l’amorevole Madonna di Lucariello/Gesù Bambino. Ruolo quest’ultimo, esemplificato nell’ultimo atto, dove il morente pater (ammalatosi in seguito della scoperta del tradimento della figlia nei confronti del marito Nicolino, rivelazione avvenuta la sera della Vigilia in pompa magna) giace in una culla al centro della scena, circondato dalla famiglia e da tre pie donne (i fassbinderiani Annibale Pavone, Emilio Vacca, Alessandra Borgia) .

La visita del dottore è l’occasione per introdurre l’elemento portante dell’intera pièce: la musica. Dalla rivista alla sceneggiata, dalla lirica all’oratorio, Latella omaggia soprattutto nell’ultima parte – la veglia – la relazione tra arti sceniche e partitura musicale, azione riuscita perfettamente grazie alla bravura degli interpreti che danno vita a una sorta di musical box melancolica.

Come la fiamma di una candela si consuma la vita di Lucariello/Gesù Bambino sui ricordi delle sue pietanze preferite, mentre gli astanti consumano “un chilo e mezzo di caffè”; sarà il figlio Tommasino /Lino Musella a spegnerla, soffocando il padre con un cuscino (each man kills the things he love cantava Jeanne Moureau in Querelle de Brest). Unica licenza poetica di Latella nei confronti del testo originale, quest’uccisione sigilla la composizione di un presepe funereo e queer allo stesso tempo: illuminati da un raggio verde entrano in scena un bue e un asino che vanno a collocarsi in quella calda stalla chiamata famiglia, pozzo in cui si rischia di cadere se si confonde un insieme di fiori appassiti per una stella cometa.

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Autore

Redazione

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