IL MARZAPANE CHE NON SAZIA

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Per chi avesse dimenticato il prodigioso incanto sprigionato dalla narrazione di una fiaba d’infanzia, come uno scrigno magico che lentamente si dischiude, la rappresentazione di Hansel e Gretel, scritta e diretta da Vincenzo Manna, sarebbe ideale per riprendere contatto con questa dimensione fantastica.

Vincitrice del Premio Scenario Infanzia 2010, la performance è adatta a grandi e piccini. Essa riprende, infatti, alcuni capisaldi della versione classica del racconto, rielaborandone e attualizzandone le dinamiche, senza alterarne i significati più reconditi. Che non si possa mantenere un atteggiamento troppo ingenuo verso il prossimo è, oggi, sotto gli occhi di tutti. Che sia necessario aguzzare l’ingegno per tirarsi fuori dai guai è praticamente un must.

Tra i due fanciulli, alle prese con il dramma della povertà e dell’abbandono, la Gretel rivisitata da Manna è più astuta, perspicace, intuitiva. E’ lei in diretto conflitto psicologico con la matrigna; lei che darà impulso a tutto il dinamismo dell’azione. Lo stesso dicasi per il suo rapporto con la strega, che è conflittuale e costruttivo al contempo, in quanto prevede il superamento di un ostacolo fisico e morale. Al contrario, fratello e padre vivono la loro esistenza in modo più passivo: pavido, il primo; succube il secondo.

Le condizioni sociali, che rappresentano il background della narrazione, non coincidono con quelle correnti nel periodo di elaborazione della fiaba: il Medioevo. Non si soffre fame di cibo, oggigiorno, ma fame d’affetto. Il pane è il simbolo dell’amore che sazia. Sbriciolato lungo il cammino, il pezzo di cui sono in possesso i bambini, che cercano di custodire come fosse l’unica ricchezza al mondo, si disperde. Alla fine del tragitto, esso è pressoché inesistente: per indifferenza, noncuranza, paura o incapacità di gestirlo. Neanche il marzapane potrà sostituirlo, perché esso rappresenta solo l’eccesso che illude e inganna. Ma l’autore va oltre il limiti dello psicodramma, insistendo sulla capacità di riscatto, che scaturisce dalla volontà di sopravvivere. Un atteggiamento mentale positivo può cambiare radicalmente il corso degli eventi. Non esiste, nella storia, un implacabile Fato super partes, così come non trovano spazio ruoli troppo rigidi che non possano essere ammorbiditi. La strega stessa non è più l’incarnazione del Male: anche lei è vittima di un sistema fallibile, imperfetto. La fame della vecchia megera, occhiaie livide e corpo deformato dagli stenti, ha ben poche differenze rispetto a quella della cattiva matrigna o degli innocenti fanciulli: è bisogno di colmare i propri vuoti interiori, di compensare delle mancanze. E se la fiaba è viaggio nell’inconscio, nessuna paura se qualcuno soccombe: basta saper interpretare in modo adeguato la simbologia dei personaggi. Meritano un plauso speciale gli attori, abili incantatori, perfettamente calati nella loro parte. La messa in scena è scevra da orpelli, che non servirebbero a nulla, anzi impedirebbero il libero dispiegarsi della fantasia degli spettatori che, tramite l’osservazione dell’essenziale, sono spinti a ricostruire l’ambientazione, attraversando gli stretti vicoli di un universo onirico e metaforico: una sorta di viaggio educativo dentro se stessi.

Suggestivi gli effetti visivi che arricchiscono l’atmosfera incantata: la luna fosforescente che esplode diffondendo una luminescente foschia, i sassolini che brillano nella notte oscura, geniali cartelli segnaletici che sintetizzano percorsi più complessi, e pochi oggetti che sono come la sineddoche nel linguaggio: la parte, per poter immaginare il tutto.

Molteplice la possibile varietà delle interpretazioni di questa fiaba moderna. La mente, liberata dal fardello del banale quotidiano, si presta meglio a riflettere sul senso delle cose. Ai bambini, per ora, lasciamo l’estasi gioiosa.

HANSEL E GRETEL

Testo e regia: Vincenzo Manna

con Federico Brugnone, Elisa Gallucci, Maria Grazia Laurini, Daniele Parisi, Gaia Termopoli

Costumi e trucco: Laura Rhi Sausi

Suono e luci: Cassepipe/Eventeatro

 

18 settembre 2011, ore 17.30 – Teatro India, Roma

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