Napoli Teatro Festival| Thomas Ostermeier |Nemico del popolo

0
Photo - www.schaubuehne.de

Photo – www.schaubuehne.de

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Da “Ein Volksfeind” Di Henrik Ibsen
Regia Thomas Ostermeier
Drammaturgia Florian Borchmeyer
Con Thomas Bading, Christoph Gawenda, Moritz Gottwald, Ingo Hülsmann, Eva Meckbach, David Ruland, Andreas Schröders
Scene Jan Pappelbaum
Costumi Nina Wetzel
Musiche Malte Beckenbach, Daniel Freitag
Luci Erich Schneider
Pitture Katharina Ziemke
Produzione Schaubüne Berlin  
 12 Giugno 2014, Teatro Politeama, Napoli Teatro Festival 2015
 

Il regista berlinese Thomas Ostermeier, presenta il suo Nemico del popolo/ Ein Volksfeind (2012) al Napoli Teatro Festival, costituendo la punta di diamante delle proposte straniere. L’opera del 1882 di Henrik Ibsen è riportata dall’autore integralmente, ad eccezione dell’innesto di un frammento del discorso anarchico del Comitat Invisible del 2007, ‘L’insurretion qui vient’ presente nel terzo atto. Non nuovo alle regie di testi del medesimo autore – ricordiamo Hedda Gabler (2005) e Dollhouse (2002) – Ostermeier orchestra uno degli spettacoli migliori ai quali il pubblico napoletano ha avuto la fortuna di assistere quanto a contenuti ed estetica; un assaggio di quello che il direttore della Schaübune sta costruendo negli ultimi anni, assieme ad autori del calibro Falk Richter e attori-registi come il talentuoso Lars Eidinger (il quale interpreta Stockmann in un’altra versione della pièce). Una progettualità a trecentosessanta gradi, praticata attraverso un’apertura totale ai giovani artisti e alla sperimentazione, creando una factory dove non si respira quell’odore di polvere e banalità da cui siamo assediati sullo scenario nazionale, ma un’aria fresca nel suo osare, polemizzare e divertirsi sfacciatamente.

È questo il tocco di genio di Ostermeier, il divertimento disinibito nel trattare il drammatico, rifacendosi coerentemente alla tradizione che vuole sottile il confine tra comico e tragico, quel senso del grottesco e dello straniato che pare essersi perso per la strada negli anni recenti e per il quale è indispensabile il felice accordo tra drammaturgia e recitazione. La domanda da cui si parte infatti è: “Cos’ha di attuale un testo del 1882? E come adattarlo agli anni Duemila senza risultare inattuali?”

Ma partiamo dalla trama. In una città norvegese il dottor Stockmann/ Cristoph Gawenda effettua indagini sulla fonte termale di una casa di cura, scoprendola inquinata dagli scarichi di una conceria; accortosi del misfatto, contatta la redazione giornalistica dell’ “Araldo del popolo” per divulgare la notizia, e incitare i suoi concittadini a reagire. Ed ecco che il quadro si complica dato che proprio suo fratello, il consigliere comunale/Ingo Hulsman, è presidente della società delle terme, dunque responsabile dell’occultamento del reato. Il ribelle e aitante medico si trova in un cul de sac: rinunciare alle proprie sicurezze borghesi o “stampelle esistenziali” -lavoro, moglie, reputazione- o sposare una scandalosa causa civile, affrontando una società traviata dal capitalismo avanzato.

Photo - Napoli Teatro Festival

Photo – Napoli Teatro Festival

Tra cambi a scena aperta, intermezzi musicali da locale underground eseguiti dagli stessi interpreti, la qualità della mise en scène si mantiene altissima lungo ben quattro atti, dei quali il primo e l’ultimo sono ambientati nella casa di Mr. e Mrs. Stockmann/Eva Meckbach (con tanto di finto bebè urlante), il secondo alla redazione giornalistica e il terzo all’assemblea pubblica indetta dall’umiliato e offeso Stockmann per coinvolgere la città nello scandalo a seguito del sabotaggio da parte dei redattori che gli negano l’appoggio precedentemente garantito. Ed è qui che la narrazione inizia a debordare – secondo lo stile di Ostermeier – fino a coinvolgere l’intera e gremita platea del Politeama, uscendo dal copione prestabilito e aprendosi agli interventi del pubblico, facendo coincidere il piano reale con quello finzionale, e dando vita a un dibattito straniante che contraddice comicamente il discorso dell’individualista Stockmann, il quale vede proprio nella democrazia il flagello dell’umanità. L’assemblea costituisce il preludio ad un finale beffardo e pessimista nel quale i coniugi Stockmann sorseggiano una birra seduti su un comodo divano, fissando il contratto di vendita delle azioni della conceria, regalate a Stockmann dal suocero Morten Kill per la prosperità della famiglia.

L’irruente performatività della mise en scènebeatboxing, jam session improvvisate tra Clash, David Bowie e Nico, imbiancature alle pareti sceniche – coinvolge lo spettatore inserendolo in un clima inusuale e familiare allo stesso tempo; la casa di Stockmann infatti potrebbe essere la casa di un trentenne qualsiasi, tra graffiti, pc portatili e mobili Ikea. Sul versante drammaturgico si attua una parodia di personaggi-cliché contemporanei, quali l”industriale, il giornalista corrotto, il giovane sfigato, il padre berlusconianamente attento al gruzzolo e la famiglia precaria; mentre  l’invettiva contro l’austerity e la società dei consumi comunica la necessità di una riflessione sulla ‘resistenza alla distruzione’, messaggio presente sin dalle didascalie iniziali proiettate su di una parete/schermo a mo’ di sipario.

Photo Napoli Teatro Festival

Photo Napoli Teatro Festival

Giocato dal proprio individualismo, Stockmann accetta il compromesso finale, rivelandosi non amico del popolo ma nemico – in quanto distorto come tale, in quanto borghese e rimasto tale – nonostante un convincente mascheramento da anarchico; scimmiottante un rivoluzionario, ma inevitabilmente ricattabile nel dovizioso pagamento di un affitto e di un temibile disastro matrimoniale. Realistico e trattato con distanza critica, il Nemico del Popolo ostermeieriano è un j’accuse autodiffamatorio: laddove risulti ormai impellente sostituire il “Noi” all’ “Io”, una pistola che attende di sparare, con le contraddizioni della letargica società attuale nel mirino.  “Non siamo depressi, siamo in sciopero”; per quanto ancora? La risposta è nella ballata dell’hipster Hovstad del primo atto, “Ricordo di quando persi la ragione, c’era qualcosa di così piacevole a riguardo“, ovvero non abbandonare le battaglie ritenute folli seppur eticamente giuste, per evitare che una qualsivoglia rivoluzione sia solo un banale divertissement dell’ultima ora.

Print Friendly, PDF & Email
condividi:
   Send article as PDF   

Autore

Redazione

Lascia un Commento

Continuando ad utilizzare il sito, l'utente accetta l'uso di cookie. Più info

Le impostazioni dei cookie su questo sito sono impostati su "consenti cookies" per offrirti la migliore esperienza possibile di navigazione. Se si continua a utilizzare questo sito web senza cambiare le impostazioni dei cookie o si fa clic su "Accetto" di seguito, allora si acconsente a questo.

Chiudi