Romaeuropa Festival 2013: Marlene Kuntz. La poesia della scienza

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Reportage fotografico a cura di Valentino Mochi

Natura, arte e musica al Romaeuropa Festival. Presentato per la prima volta al Night Safari Festival di Torino, approda a Roma La poesia della scienza, il nuovo lavoro dei Marlene Kuntz. Sonorizzazione di alcuni documentari dell’inventore surrealista Jean Painlevé, tratti dalla raccolta Science is fiction.

Romaeuroma Festival: Marlene Kuntz

Dove: Teatro Palladium, Roma

Quando: 17-18 ottobre 2013

Guarda: Painlevé

Poco prima dell’inizio spio la conversazione di un paio di ragazzi: «sarà bellissimo» si dicono. Avranno ventanni o poco più. L’elemento nostalgico è un fattore importante nella visione di qualsiasi lavoro dei Marlene Kuntz. Inizia il primo documentario dei cinque scelti per la performance. Scorrono i titoli iniziali, in bianco e nero. Scorre la tela musicale che dall’inizio è una trama che si dipana dolcemente associata a paesaggi marini che farebbero schizzare gli aracnofobici dalle poltrone per la minuziosità dei dettagli di questi ecosistemi zoocentrici. Cristiano Godano si diverte a smandolinare, la sua chitarra mentre Riccardo Tesio dà sostanza e bordone con le corde e le fini percussioni di Luca Bergia svelano metalli cavi, lastre e piatti che aumentano lo straniamento proveniente dal documentario francese. Anche il suono prodotto dalla manipolazione dei jack audio e di quello manuale degli ampli a terra, (il noise, il disturbo) è azzeccato, se ne fa d’altronde largo uso nella sperimentazione sonora contemporanea.

A raccontare questi micro paesaggi ci pensano micro organismi sonori: vortici, distorte cantilene e piccole urla, con venature pop a volte, post rock altre e brumosa psichedelica. Una partitura musicale, un atteggiamento, quasi dronico, però condotto con strumentazione esclusivamente analogica. Sono loro, i Marlene, un po’ invecchiati ma sono anche i Mogwai, certi crescendo degli Explosions in the Sky o dei Cure di Disintegration. Insomma recuperano, dopo il mezzo flop di Sanremo, il loro coraggio poetico. Pieno di cali di tono, di stonature ricercate, in un puro spirito progressivo. Sornioni, accendono e nascondono loop electro che riemergono nei finali. Nel successivo documento cinematografico dedicato alla nascita delle meduse a prevalere sono i suoni di metallo: giochi tra piatti, acuti in levare e ritmiche bluseggianti. Voce e parole di Godano che accompagnano la dimostrazione scientifica. I suoni, dall’iniziale passo cristallino diventano striduli e accelerati e pure un po’ stonati. Le meduse non sono esseri dolci, pizzicano, fanno male, come può fare anche la musica. Un dolore che è bello come la nascita, delle meduse in questo caso e in generale dell’uomo. Poesia della vita. Poesia della scienza infatti. Il quarto (non era il terzo? Facile perdersi nella musica visionaria dei Marlene) doc sulla trasformazione dei liquidi, con i rosa e i verdi acidi, i neri che incombono è per certi versi una jam jazz progressive con sgroppate fusion tanto viva e maestosa è la carica rumorosa. Comunque alt rock, con le loro classiche performance alle corde così calde e passionali. Avvolgenti e potenti, fuoco che cresce e che poi diventa rock!

Si viaggia nel tempo, si torna agli inizi floydiani della psichedelia. Riverberi, frequenze radio, vento elettrico governato degli ampli. Territori liberi che aprono il campo cinematografico ai cavalli marini (ippocampi: chi li ricordava più?) Questi esserini fantasy, magici, così perfetti e graziosi. Si tengono insieme, intrecciando le code, giocano, fanno all’amore. Un malinconico folk ambientale (quello che definiamo folktronico mentre qui, ripetiamo, è analogico, un lavorio acustico di stampo elettrico). A volte si suole usare il termine cinetico per questo genere di intervento di contaminazione tra cinema e suono. No, è musica. Al più poesia. Sì, poesia e amore. Perché questa è contaminazione tra generi, tra poetiche. Sono abbracci, stati in cinta, creazione contemporanea. Questa è vita che erompe da ogni cosa. Chiudono con gli accordi, prima e le parole, poi, di Bellezza «noi sereni e semplici o cupi e acidi noi puri e candidi…Noi cerchiamo la bellezza ovunque». Veramente piacevole: strumentale, mistico e minuzioso. E, signore e signori, totalmente improvvisato!

Avevano detto che sarebbe stato bellissimo.

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Redazione

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