Rideau de Bruxelles, Mamma Medea

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Al Teatro Valle Occupato è stato presentato in prima nazionale, il 14 e 15 febbraio, Mamma Medea: affascinante rielaborazione del mito greco di Medea, opera del più importante drammaturgo contemporaneo di lingua fiamminga, Tom Lanoye. Lo spettacolo, andato in scena nella versione francese con sovratitoli in italiano, è una produzione del Rideau de Bruxelles.

Mamma Medea

di Tom Lanoye

regia Christophe Sermet

traduzione Alain Van Crugten

con Ann-Claire, Claire Bodson, Adrien Drumel, Pierre Haezaert, Francesco Italiano, Philippe Jeusette, Romain David, MathildeRault, Yannick Renier, Fabrice Rodriguez

i bambini Jules Brunet, Balthazar Monfè

co-prodotto da Rideau de Bruxelles

realizzatato con il sostegno del «Ministère de la Communauté française» Service du Théâtre – CAPT

e con la partecipazione del «Centre des Arts scénique»

14 e 15 febbraio 2014

@Teatro Valle Occupato, Roma

La prima parte della rappresentazione riprende le Argonautiche di Apollonio Rodio. Giasone (Yannick Renier) e gli altri argonauti sono approdati nella Colchide, in Oriente, per recuperare il vello d’oro. L’impresa sarebbe impossibile senza l’aiuto di Medea, figlia del terribile despota locale, che si innamora follemente di Giasone – personaggio caratterizzato dalla superficialità e dall’arroganza del civilizzato –. Claire Bodson riesce a rendere bene il dissidio interiore di Medea, scissa in due tra il potente sentimento per il giovane e il razionale rifiuto di aiutare i greci, tradendo così la propria famiglia e abbandonando la propria patria. Tuttavia, per l’irruenta donna orientale, non sono le remore della ragione ad avere la meglio.

Nella rappresentazione il fratello di Medea, Absirto, piuttosto che minacciare gli argonauti di farli catturare dal re con una soffiata – come nelle Argonautiche – supplica la sorella di tornare in patria, porgendogli il suo aiuto. Tuttavia, la ragazza della Colchide non può tornare indietro, e l’omicidio del fratello appare inevitabile.

La drammaturgia trova il proprio fondamento, nella seconda parte dello spettacolo, nella Medea di Euripide. Sono passati diversi anni dalle avventure nella Colchide. Giasone e Medea vivono a Corinto, dove hanno dato alla luce due bambini. Ma Giasone è intenzionato a ripudiare la moglie per sposare la giovane figlia del re di Corinto, Creusa, in vista di ottenere il trono. Medea sembra beffata dal destino, vittima dei più tragici avvenimenti, con l’unica colpa di essersi abbandonata incondizionatamente ai suoi sentimenti. Ormai il dado è tratto, a nulla possono servire i pacati consigli di cogliere il lato positivo della situazione. Medea mette così in atto la sua terribile vendetta per colpire l’opportunista e ingrato Giasone, che l’ha spinta ad una vita di nefandezze e dolore.

Nel finale, Tom Lanoye devia in altra direzione dal mito greco. Se nella tragedia di Euripide Medea, dopo aver ucciso i suoi bambini, viene portata via da un carro divino in atteggiamento vittorioso, in Mamma Medea vi è un dialogo finale con Giasone che mischia di nuovo le carte in tavola. Giasone, infatti, accusa Medea di incarnare una malattia, che alcune persone passano tutta la vita nel tentativo di curare. E’ così inevitabile vedere Medea sotto una nuova luce. Essa è vittima della stupidità e della crudeltà delle persone che la circondano, è vero, ma in fondo è stata lei a scegliere di legarsi al meschino Giasone, di abbandonare la propria patria e di commettere tutti quegli atti terribili. Ricordiamo che nella tragedia di Euripide l’iniziativa è lasciata agli uomini, gli dei non intervengono mai: è stata Medea a costruire per se stessa, passo dopo passo, un destino di colpa, infelicità e sofferenza. Così, da più grande vittima, ella diventa la più grande carnefice.

L’attualizzazione del mito è assicurata da un linguaggio informale – che non fa a meno di momenti comici -, da una scenografia minimale e da alcune canzoni suonate e cantate dal vivo (bella la Hurt dei Nine Inch Nails cantata da Medea nella versione di Johnny Cash). Gli attori manifestano tutti un lavoro sui personaggi, anche se si distingue senz’altro Claire Bodson nel rappresentare le contraddizioni e l’irruenza delle pulsioni che attraversano Medea. Su di esse è incentrato lo spettacolo, che più che raccontare il mito greco si preoccupa di evidenziare i conflitti insanabili tra la ragione – che calcola i propri vantaggi con gelido buonsenso – e la passione – che condanna l’essere umano all’autodistruzione -.

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Redazione

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