21 giorni, ventuno. Nell’accogliente teatro Ambra, alla Garbatella, Ulderico Pesce ce li racconta in poco più di un’ora, durante la quale sembra di viverli tutti.
E’ un manifesto del coraggio, il suo spettacolo: il coraggio vissuto ai tempi d’oggi, quando a dar prova del proprio orgoglio e della propria dignità non è una spada, uno scudo o una battaglia, bensì l’ostinazione nel voler far rispettare i propri diritti di uomini e lavoratori. Ulderico Pesce parla degli operai della Fiat di Melfi attraverso il racconto di una regione e dei suoi abitanti, di quella Basilicata che nessuno considera e, quando accade, di certo non lo si fa per portarla alla luce, ma per sfruttarla. Si narra delle speranze di quegli operai, di quel popolo graziato da Dio, finalmente adatto a lavorare negli stabilimenti della più importante (e per molto tempo quasi unica) casa automobilistica d’Italia. Si descrive la gioia di aver ricevuto il posto di lavoro tanto desiderato, dopo un colloquio elementare, durante il quale dimostrare di saper fare in poco tempo il puzzle di Bambi era il segreto per entrare in catena di montaggio. Si narra delle paure verso il datore di lavoro, del timore di ribellarsi a orari infernali. Ma, d’altronde, alla Fiat si resiste. Poi, finalmente, l’orgoglio e la dignità vengono a galla, attraverso la spada dello sciopero, il presidio, il blocco della produzione. Ci si ritrova tutti lì, nel momento di ribellione dello Stato nei confronti di uno strumento vivace di polemica; ci si ritrova a combattere, stavolta per davvero, contro la Polizia, abbracciati nel dolore dei manganelli e nella gioia successiva di aver vinto, di avere ottenuto un salario e turni di lavoro adeguati, di avere avuto la forza e il coraggio di far valere la propria dignità di essere umano: uomo o donna che sia. Il ritmo del racconto è veloce, solo a tratti più lento. Musicato dallo stesso Pesce, può considerarsi anche comico, specialmente nell’introduzione un po’ cabarettistica. Sembra quasi che l’episodio narrato non sia avvenuto nel 2004, ma negli anni cinquanta. Purtroppo, in Italia, di questi episodi ne accadono spesso e ne accadranno ancora. Forse, come dice l’autore nel finale, se ciò che è accaduto a Melfi si verificasse con più frequenza in tutti gli ambiti della vita, non soltanto sul lavoro, se si avesse sempre il coraggio di puntare i piedi e il cuore contro chi non considera le persone come tali, forse si vivrebbe meglio.
Dopo lunghi applausi, Ulderico Pesce scherza un po’ col pubblico, senza rinunciare al suo atteggiamento di critica sociale, ricordando alcuni importanti movimenti di ribellione, che sarebbe più corretto chiamare “sveglie per cittadini addormentati”. Sul suo sito si può trovare davvero tutto, ve lo assicuro.
FIATo sul collo
di e con Ulderico Pesce
Dall’ 1 al 6 novembre 2011
Teatro Ambra alla Garbatella – Roma