Pellicole di Neve e Ghiaccio: A 30 SECONDI DALLA FINE

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Titolo originale “Runaway Train”

Regia Andrei Končalovskij

Sceneggiatura Edward Bunker, Ryuzo Kikushima, Djordje Milicevic, Hideo Oguni, Paul Zindel

Fotografia Alan Hume

Montaggio Henry Richardson

Musiche Trevor Jones

Produzione Stormovie (Usa)

Interpreti John Voight, Eric Roberts, Rebecca De Mornay, Kyle T.Heffner, John P.Ryan

Durata 111’

 

A 30 secondi dalla finemolto meglio nel più significativo titolo originale Runaway train, è la storia di una folle corsa verso la libertà. Narra la vicenda di due detenuti di Stone Heaven, un carcere di massima sicurezza in Alaska, da cui riescono ad evadere. Il primo è un pericoloso criminale, che ha passato gli ultimi tre anni in isolamento, proprio per i suoi ripetuti tentativi di fuga. Il secondo è un giovane delinquente accusato di stupro, che vede nel primo (Manny, interpretato da John Voight), un eroe a cui ispirarsi, che combatte coraggiosamente il sistema per riprendersi la libertà. I due intraprendono così un’avventura all’ultimo respiro, finendo su un treno che dovrebbe portarli alla salvezza, ma che presto risulterà essere senza controllo.

Il film diretto da Andrei Končalovskij è il racconto di una lotta per la libertà che ben presto si trasforma in una battaglia per la sopravvivenza per i due fuggitivi. A loro si aggiunge a un certo punto anche Sara, un’operaia delle ferrovie che stanca del turno di lavoro, si era addormentata in uno dei vagoni. A inseguire il treno, e quindi i suoi inaspettati passeggeri, sono i responsabili delle ferrovie, che cercano in tutti i modi di arrestarne la corsa o perlomeno di rallentarlo, e lo spietato direttore del carcere Ranken, che quasi subito si rende conto del fatto che i ricercati possano trovarsi solo su quel convoglio. Egli considera il carcere che dirige un recipiente di criminalità, in cui non sono detenuti uomini ma criminali senza speranza e simili a bestie. Lui stesso, che si considera al di sotto soltanto di Dio, spiega con franchezza ai prigionieri che nella sua scala di valori essi vengono dopo di lui e dopo le sue guardie, e persino dopo i cani che sorvegliano il cortile. Nonostante questo, e nonostante l’odio profondo che Ranken prova nei confronti di Manny, colui che più di tutti mette ripetutamente a repentaglio l’ordine e la sicurezza del penitenziario, sente con lui una certa affinità. Sebbene lo disprezzi in quanto criminale, riconosce in lui una grande astuzia e lo considera suo pari: sa che ragionano allo stesso modo e per questo non fatica a seguirne le tracce.

Come se non bastasse, al serrato inseguimento dei responsabili delle ferrovie e del direttore di Stone Heaven, si aggiunge anche l’Alaska. La morsa del freddo e del ghiaccio è infatti stretta durante tutto il film. Gli evasi sono costretti a prendere il treno per non morire assiderati e, anche volendo tentare di lasciarlo in corsa, dovrebbero comunque fare i conti con la neve. Il ghiaccio congela i cavi che i protagonisti vorrebbero recidere per rallentare il treno, e li fa scivolare quando cercano disperatamente di raggiungere la locomotiva.

In Runaway Train non c’è redenzione, non esiste pietà e non c’è traccia di eroi. A emergere è soltanto l’insopprimibile ricerca della libertà, che a volte è tanto forte da vincere persino l’innato istinto di sopravvivenza. E come sottolinea il regista nella citazione shakespeariana che chiude il film, queste pulsioni sono entrambe comuni anche alle bestie.

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