Pablo Echaurren | Contropittura

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Artista: Pablo Echaurren
Titolo: Contropittura
Luogo: Galleria nazionale d’arte moderna http://www.gnam.beniculturali.it/
A cura di Angelandreina Rorro

Fino al 3 aprile 2016

Artista eclettico, Pablo Echaurren spazia da tele a oggetti di porcellana, da collage ad acquerelli, da sculture a vignette, da film alla pubblicazione di libri. Egli stesso afferma: «non credo nella tela e basta, ho voglia di uscir fuori», aggiungendo che «l’arte non è forma ma strumento, ci fai passare quello che vuoi, comunicando ciò che si pensa della realtà».

Lo spazio espositivo si articola in due grandi sale che mostrano la spazialità creativa dell’autore. Il percorso comincia con i lavori realizzati durante la collaborazione con la rivista “Lotta continua” e la militanza negli Indiani metropolitani. In esposizione troviamo vignette, copertine di riviste, quaderni risalenti più o meno al 1977, anno di nascita del movimento degli Indiani metropolitani, con l’intento di denunciare la retorica politica (anche della stessa sinistra che egemonizzava i comportamenti giovanili). Molti lavori evocano Marcel Duchamp e Francis Picabia, entrambi riproposti con la funzione di strumenti politici, aderendo così alla critica dadaista contro la mercificazione e la museificazione dell’oggetto artistico. Si ambiva all’epoca, ed Echaurren vi aspira tutt’ora, ad un’avanguardia di massa, senza divisioni di generi artistici: si voleva far penetrare l’arte nella vita quotidiana. Riprendendo il pensiero delle Avanguardie artistiche (Dadaismo, Futurismo e Surrealismo), si voleva superare il concetto di arte fruibile solo per addetti ai lavori sradicandola dal contesto delle accademie. La contestazione degli anni ’70 quindi segna una continuità con le Avanguardie storiche. Di preciso gli Indiani hanno scelto di presentarsi pubblicamente come seguaci del Dadaismo e non del Futurismo perché politicamente più corretto.

«Io ho sempre creduto – afferma Echaurren – in un’arte moltiplicata, per la quale ho abbandonato il mondo asfittico della cultura».

Evento emblematico per capire il punto di vista degli Indiani metropolitani è l’occupazione di un’abitazione che divenne luogo di ritrovo in via Orso Ottantotto, non a caso la scritta “orsottantotto” ricompare più volte nelle stampe qui esposte.

Prima del ’77 Echaurren ha realizzato molti riquadri incasellati, piccoli come francobolli, colorandoli ad acquarello e china con campiture piatte. Questi lavori, definiti “quadratini“, sono dominati da una forte staticità. Nel confrontare i soggetti con i titoli è presente un’ironia che anticipa quella del movimento degli Indiani metropolitani. Sono lavori catalogatori dove vi è senso del passaggio della forma nel tempo; l’artista infatti fin dall’infanzia afferma di essere interessato all’entomologia e allo studio della natura. Alcuni quadratini invece riflettono da un lato i miti generazionali (politica e musica) e dall’altro le inclinazioni personali (collezionismo e scienza naturale).

Negli stessi anni in cui Echaurren ha lavorato su i “quadratini”, spinto dall’interesse per la natura, ha condotto un’ulteriore ricerca. È nata così una serie di disegni, intitolati “Decomposizioni floreali”, in cui l’ombra di alcune piante è proiettata sul foglio ricalcando poi il profilo con la matita. Il pigmento è dato attraverso lo sfregamento delle foglie e dei petali sul supporto.

Echaurren afferma che tutto nasce da uno scarabocchio, termine da lui considerato come unione dei sostantivi “occhio + scarabeo”: allegoria dello scarabeo, animale divino agli egizi, che rotola l’occhio senza avere una meta, il quale con le spinte protratte nel tempo, tende sempre più a perfezionarsi e a purificarsi.

Certo è che Echaurren nell’arco di quindici anni di attività ha cambiato radicalmente stile: da queste piccole opere a campitura liscia e precisa è passato a tele di grande formato che donano un senso dinamico e di libertà, svincolando la forma dalle cellette compositive degli acquerelli precedenti.

Dopo l’assassinio di Moro (1978) l’artista si ritira e inizia una lunga riflessione che lo porterà a comporre, a fine anni ’80, tele con grafismi, richiami al fumetto e schizzi colorati. Sono supporti di grande formato con oggetti che si rincorrono creando un senso decorativo simile a tarsie. Nelle composizioni regna sia un dinamismo colorato, che rievoca le opere del padre Sebastian Matta, sia l’horror vacui per l’accostamento di più soggetti, tra i quali pone, nei piccoli spazi vuoti, macchie materiche di colore. La scelta di soggetti mostruosi può spiegarsi con l’intento dell’autore di esorcizzare il maligno, così come accadeva con l’impiego delle gòrgoni sui templi greci e di presenze mostruose sulle facciate delle cattedrali gotiche, assumendo un analogo significato apotropaico. Un soggetto che si trova spesso nei dipinti è il teschio, ormai diventato un segno identificativo del suo stile: l’intento è quello di ricordare la morte, il memento mori, che Echaurren confessa essere in lui un pensiero quotidiano, uno stato esistenziale; non a caso si considera pessimista e depresso. Nel complesso però si trasmette una certa allegria, attraverso la quale si elabora la sofferenza, metabolizzandola in colore e compiendo così una specie di catarsi.

Alcune di queste tele sono state progettate come dei murales, emulando l’iconografia del muro berlinese in cui ricorrono costantemente riferimenti alla storia, quali la protesta di piazza Tienanmen, la guerra del golfo Persico, la caduta del muro di Berlino o il tema della difesa ambientale. Vi sono anche scritte che si rincorrono, come fossero un ornamento decorativo.

Nei lavori dell’artista, che siano locandine, collage, tele o “quadratini”, le opere e i titoli a loro attribuiti hanno un legame indissolubile. Echaurren infatti si cimenta oltre che nella scrittura anche nel collezionismo: ha cominciato raccogliendo coleotteri e attualmente continua con i libri futuristi e i bassi elettrici. Il collezionismo da lui è percepito come elemento esistenziale e primitivo praticato già nelle grotte dove si sono trovati cumuli di sassetti e conchiglie raccolti dai nostri antenati senza nessuno scopo pratico apparente.

Questo collezionismo lo ha portato a creare oltre i “quadratini”, nei quali si percepisce l’idea dell’accumulo ragionato di oggetti, anche collage con parti di riviste futuriste originali mescolati ad altri ritagli. Le composizioni, realizzate a cavallo tra gli anni ’70 e ’80, se confrontate con il forte cromatismo dei “quadratini” e la superficie riempita nel momento di militanza politica, simboleggiano una rinascita, una specie di purificazione grazie all’impiego del bianco e di spazi vuoti.

Un’altra sezione dedicata ai collage più recenti testimonia come ci sia stata una transizione degli intenti compositivi, da quelli minimalisti ad una ricerca di sintesi del paesaggio urbano.

In conclusione si può affermare che Echaurren fa una riflessione sul proprio lavoro e su l’attuale sistema dell’arte contemporanea, sempre più attento al mercato e meno ai contenuti. Contropittura è un percorso interamente centrato sugli aspetti di rottura e di contestazione ironica in cui si rifiutano i compartimenti stagni, rifuggendo dalla noia della ripetitività compositiva e dall’autobanalizzazione del mondo dell’arte. L’arte di Pablo Echaurren si svolge in molte direzioni, articolandosi in un continuo altalenare tra alto e basso, dai dipinti ai poster, dai collage alle copertine di libri e ai fumetti, dalle ceramiche agli arazzi e ai gioielli, dal video alla scrittura. L’artista è un artefice indifferente agli steccati e alle gerarchie che solitamente tendono a comprimere l’attività creativa e  la sperimentazione, contestando il diktat culturale che vede il pubblico ormai dipendere dalla fruizione della stessa icona per poterla riconoscere e desiderare. L’arte diventa non più feticcio ma divertimento e viene proposta come strumento di lavoro per interpretare il mondo.

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Autore

Veronica Cerbone

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