Napoli Teatro Festival | Michele Noiret | Radioscopies

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photo - Sergine Laloux
photo – Sergine Laloux
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Soggetto, regia e coreografia Michèle Noiret
creazione e interpretazione Michèle Noiret, Isael Mata
collaborazione artistica Dominique Duszynski, Florence Augendre
film, riprese di scena Vincent Pinckaers
film, regia video BenoîT Gillet
composizione musicale originale Todor Todoroff, Pierre-Axel Izerable Luci/Light Design Xavier Lauwers
scenografia Sabine Theunissen
costumi Michèle Noiret, Nazanin Fakoor
produzione Compagnie Michèle Noiret / Tandem Asbl
in coproduzione con la Fondation Mons 2015, Le Manège.Mons, ThéâTre National De La Communauté FrançAise De Belgique – Bruxelles, ThéâTre National De Chaillot – Paris, ThéâTre Louis Aragon – Scène Conventionnée Danse De Tremblay-En-France
22 giugno, Teatro Mercadante, Napoli Teatro Festival 2015 

Dovrebbe essere un cortometraggio scenico, Radioscopies, un “esperimento di danza-cinema” (riportiamo scettici la definizione), una sperimentazione sui linguaggi (grande novità) e un groviglio intellettualoide di suggestioni tratte, come leggiamo nella nota di presentazione dello spettacolo, da “un’intervista radiofonica di Jacques Chancel all’autore belga Conrad Detrez,  insignito del premio Renaudot per il romanzo L’Herbe à brûler”. Ma per chi assiste allo spettacolo, ciò che conta, che rimane, non è quello che in potenza o in teoria questo spettacolo doveva essere, bensì ciò che è stato, in questo caso un insensato affannarsi in danze impagliate nel quale Michèle Noiret purtroppo non rende la grazia o la presenza scenica che si domanda ad una danzatrice esperta, se non in un breve fraseggio finale dove mima le movenze di un coleottero (sic).

Il suo compagno di sventura, Isael Mata, non salva dal disastro: vestito come un maestro di salsa, fa il bel tenebroso, non essendo né l’uno né l’altro; si atteggia a uomo del desiderio che una volta tolta la camicia mostra un corpo decisamente poco allenato, ma ottenebrato dalla sicumera non se ne cura, continuando la sua scialba danza latineggiante, fatta di ancheggiamenti e ammiccamenti.

Il tutto appesantito da una sovrastruttura che consiste nello sdoppiamento della performance montata attraverso l’alternarsi di video e spettacolo dal vivo. Peccato che nel video – le cui location sono un bagno pubblico, una redazione e lo studio privato di Mata dove quest’ultimo si finge entomologo – i due performers risultino se possibile ancora meno adatti e convincenti; la Noiret smania in una danza che non seduce nemmeno Isael che ogni tanto l’abbraccia quasi con pietà. Soltanto nel finale i due (finalmente) si libereranno dalle proprie nevrosi bloccanti e si uniranno in una sorta di tango rivisitato, ripresi da un operatore video, il quale ci appare forse la presenza scenica più gradevole.

A complicare le cose, si aggiunge un plastico mobile, che sta a rappresentare la stanza dove giocano a nascondino i performers nel loro gioco di seduzione, escamotage per creare quelli che dovrebbero essere dei sorprendenti effetti ottici, ma che risultano un procusteo tedio per lo spettatore che assiste alla rappresentazione sciatta di un surreale inseguimento che strizza l’occhio a Lynch e a Hitchcok limitandosi alla superficie, non portando a fondo la linea drammaturgica del voyeurismo e del mistero delle identità dei due individui, i quali non escono mai da sé stessi. Significativo in tal senso, il gesto della Noiret di abbassarsi la gonna per non far vedere il suo intimo, mentre si rotola sul palco come Heater Parisi dei tempi d’oro: gesto che rappresenta un disturbo della visione, un’innocente asserzione del non trovarsi nel qui e ora dell’evento, ma nell’altrove del proprio ego.

Ci si domanda, infine, per qual motivo il Festival abbia selezionato questo spettacolo della Compagnie Michele Noiret che pure in passato qualcosa di interessante, come Territoires intimes (2004) e Deux points de vue (2007), l’ha prodotto.

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Redazione

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